Einstein, moderno yogi

Saluto al sole

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Ho estratto uno stralcio di un famoso libro di Albert Einstein, “Il mondo come io lo vedo”. Libro notevole, perché questo scienziato-filosofo espone in chiave moderna e comprensibile per tutti concetti che Patanjali espose molti secoli prima. Solo in questo brano troviamo concetti come Ahimsa, Asteya, Aparigraha, Santosha, Tapas. Un breve squarcio di Luce della sua anima per indicarci il sentiero del Dharma da seguire. E per il quale, come dice Einstein, siamo venuti su questo pianeta.

“Ben singolare è la situazione di noialtri mortali.
Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede di averlo capito.
Non si riflette profondamente e ci si limita a considerare un aspetto della vita quotidiana; siamo qui per gli altri uomini: anzitutto per coloro dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la nostra felicità, ma anche per quella moltitudine di sconosciuti alla…

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Ore

Non temete
il tempo che
canuto
cavalca
frammenti di gioia
da imprigionare ….

Le supreme ore
che trascinano via
le nostre deboli vite
sono
fameliche fauci
in cui gongoliamo
dei nostri
preziosi
ultimi
attimi

(by Passoinindia)

Gesù morì in Kashmir?

di Andrea Faber Kaiser autore di Jesús Vivió y Murió en Cachemira (traduzione di Ennio Tommassini)

“Gesù fu crocifisso venerdì verso il mezzogiorno. Prima che cadesse la notte, già morto, fu staccato dalla croce e il suo cadavere depositato nella grotta funeraria di Giuseppe di Arimatea, il cui ingresso fu chiuso con una pietra. La domenica seguente, il corpo di Gesù era inesplicabilmente sparito dall’interno della grotta. Si era compiuta la profezia biblica: era resuscitato dai morti. Dopo una breve permanenza sulla Terra durante la quale i suoi discepoli entrarono in contatto con lui, Gesù ascese al Cielo, dove è seduto alla destra del Padre. Questo è dogma di fede per la religione cristiana.

Ma, d’altra parte, nel settore Khanyar della città di Srinagar, capitale dei Cascemir, è sepolto il corpo di Gesù nella cripta conosciuta con il nome di “Rozabal“. Come spiegare che Gesù è seduto in Cielo e nello stesso tempo giace morto nel Cascemir? Qualche cosa non quadra, a partire dal fatto certo della crocifissione.
In verità, è in dubbio proprio la morte di Gesù sulla croce. Perché non ci sono dati storici che avvalorino questa morte. Inoltre nessuno presenziò alla Resurrezione.
In cambio ci sono degli indizi storici di un uomo con idee e filosofia identiche che, a partire da quegli anni, marcia verso l’est, lasciando testimonianze della sua vita e dei suoi atti. Un uomo che s’incammina verso il Cascemir, si stabilisce in questo paese e muore in esso.
Edificate su questi pilastri, le pagine che seguono (ndr: sta parlando del suo libro) espongono la possibilità che Gesù non sia morto sulla croce, ma che una volta curate le ferite causate dalla crocifissione, intraprendesse la fuga verso l’est, in cerca delle dieci tribù perdute di Israele. Queste tribù si trovavano molte migliaia di chilometri all’est della Palestina. Così, una volta abbandonata la terra biblica, Gesù, in compagnia di Maria e per determinati tratti della sua marcia anche da Tommaso, avrebbe intrapreso un lungo viaggio in direzione dell’Oriente, viaggio che lo avrebbe portato verso il Cascemir, il cosiddetto “Paradiso sulla Terra”. Maria, non sopportando i disagi del lungo viaggio, sarebbe morta lungo il cammino, nel Pakistan, a pochi chilometri dalla frontiera col Cascemir. La tomba di Maria viene venerata anche oggi come la tomba della Madre di Gesù. In quanto a Lui, stabilitosi nel Cascemir, avrebbe cominciato lì una nuova vita e sarebbe morto, ad una età molto avanzata, di morte naturale. Nel momento della sua morte egli sarebbe stato assistito da Tommaso, che in seguito sarebbe ritornato sui suoi passi, fino alla tomba di Maria, per continuare di qui il suo viaggio definitivo a sud dell’India, dove anch’egli sarebbe morto più tardi.
Ritorniamo a Gesù, obiettivo centrale di questo libro. 
Il fatto concreto è che la sua tomba è venerata ancora oggi a Srinagar, capitale del Cascèmir.
Leggende, tradizioni e testi antichi riportano questa seconda vita di Gesù nel nord dell’India. Da questi documenti sappiamo che Gesù ebbe dei figli nel Cascemir e che, per effetto della sua unione con una donna, un uomo, Basharat Saleem, può oggi affermare di essere il discendente vivente di Gesù.
Ci sono dei testimoni che fanno supporre che Gesù scelse deliberatamente questo punto del mondo per intraprendere la seconda tappa della sua vita, per quanto egli fosse già stato qui durante gli anni della sua giovinezza, sebbene la Storia Sacra non sappia spiégarci la sua residenza né le sue attività. Effettivamente un viaggiatore russo, Nikolai Notovitch, trovò, alla fine del secolo scorso, nel territorio lama di 
Hemis in Ladakh, regione limitrofa tra il Cascemir e il Tibet, copia dei testi storici da secoli conservati dai Lama dell’Himalaya, nei quali si narra il primo viaggio di Gesù in India, quando era assai giovane; precisamente durante i diciotto anni di cui la Bibbia conserva il silenzio circa i movimenti della sua persona. Una lunga lacuna di diciotto anni che, a dar retta al testo biblico, potrebbe suscitare seri dubbi circa l’identità reale del Bambino Gesù con questo Gesù-Uomo, figura centrale del Nuovo Testamento.
Però non solo il Nuovo ma anche il Vecchio Testamento sono vincolati al Cascemir. In effetti, già molto tempo prima la fertile valle del Cascemir sembra essere stata una terra legata alla Storia Sacra biblica: oltre alle tombe di Gesù e di Maria, una piccola comunità giudaica, stabilitasi nella montagna, continua a custodire nel Cascemir, da circa 3500 anni, la tomba del suo capo ancestrale: 
il profeta Mosè. Anche qui l’ipotesi Cascemir” supplisce a una lacuna considerevole del testo biblico. Secondo la Bibbia nessuno sa dove sia localizzata la sepoltura di Colui che fu guida del popolo ebreo. Tutte le referenze che la Bibbia ci offre non sono valide e i nomi menzionati non hanno riscontrato nella geografia reale. Viceversa tutti questi nomi si trovano nella Valle del Cascemir. E lì precisamente venerano da diverse migliaia di anni la tomba di Mosè.
Però non solo Gesù e Mosè legarono alle posterità le loro tombe nel Cascemir, ma una infinità di nomi propri di quel paese e un gran numero di toponimi, nomi di luoghi, comunità,di paesi e di semplici prati e valli, ci parlano del passaggio di Gesù e di Mosè per le terre del  Cascemir.

Queste analogie non sono una cosa nuova. Nella storia persiana e in quella del Cascemir sono frequenti questi temi e si ripetono ancora ai nostri giorni. La tradizione popolare del Cascemir li ha conservati attraverso i secoli fino ad oggi. Dalla fine del secolo scorso una setta islamica, estesa in tutto il mondo, si occupa di studiare la tomba di Gesù nel Cascemir, con tutte le riserve inerenti al suo carattere settario. Ha anche pubblicato diversi libri su questo tema.
Ai nostri giorni un archeologo di assoluta imparzialità, il professor Hassnain, direttore degli Archivi, Biblioteche e Monumenti del Governo del Cascemir, sta studiando intensamente le possibilità di questa ipotesi: 
una seconda vita di Gesù e di Mosè nel Cascemir. Nella stessa capitale di -quel Paese, Basharat Saleem, il discendente in via diretta di Gesù, conserva l’albero genealogico della sua famiglia che, cominciando da Gesù, giunge integro e senza lacune fino alla sua persona.

Una realtà che è conosciuta solo a livello di investigazione e da un punto di vista settario da alcune persone sparse in tutto il mondo, è tuttavia sconosciuta alla stragrande maggioranza del pubblico, per cui credo che sia giunto il momento di rivelare che Gesù probabilmente non è morto sulla croce, ma che, dopo aver vissuto una seconda tappa della sua vita in terre lontane, è morto in età molto avanzata di morte naturale. Così Egli avrebbe compiuto effettivamente la missione per la quale fu inviato in terra, missione che includeva l’incontro e la predicazione alle tribù perse di Israele, tutti i figli figli di Israele.

Le pagine che seguono (ndr: parla del suo libro) vogliono essere un dossier riassuntivo di quanto oggi si sa circa la seconda vita di Gesù e la possibile morte di Mosè nel Cascemir. Esse sono un complemento del testo biblico e stabiliscono dei ponti razionali sopra alcuni vuoti, peraltro ben chiari, che offre la lettura del testo biblico. Per la corretta lettura e interpretazione di questo libro, debbo segnalare che i nomi Yusu, Yusuf, Yusaasaf, Yuz Asaf, Yuz-Asaph, Yuz-zasaf, Issa, Issana, Isa, che appaiono nei testi e nelle leggende del Cascemir, sono tutti traduzioni del nome Gesù. Pertanto, quando parlo di Gesù, posso riferirmi a qualunque delle traduzioni del suo nome, nelle lingue cascemir, araba o urdu. Si riferiscono anche al nome di Gesù dei prefissi toponimici, come per esempio Yus -, Ish -, o Aish. Musa viceversa è il nome arabo con il quale si conosce osè nel Cascemir.
Per chiudere questa breve introduzione voglio sia ben chiaro il principio che questo non è un libro ahmadiyya -gli ahmadiyyas costituiscono un movimento islamico che venera la tomba di Gesù in Srinagar- né è stato promosso, sovvenzionato o appoggiato da nessun tipo di setta, movimento o gruppo. È semplicemente il frutto di un lavoro particolare, il risultato dell’investigare alcuni fatti che possono illuminare con una nuova luce i passaggi oscuri della vita di Gesù.”.

Andrea Faber Kaiser

luglio 1976

(traduzione di Ennio Tommassini

dal sito :

http://www.isvara.org/it/index.php?option=com_kunena&func=view&catid=2&id=1306&Itemid=100093

chi è Andrae Faber Kaiser: http://ca.wikipedia.org/wiki/Andreas_Faber-Kaiser

il suo libro: Jesús Vivió y Murió en Cachemira

per un video

Lentamente muore

 

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza
porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.

(titolo originale  A Morte Devagar (letteralmente: “una morte lenta”,2000)
di MARTHA MEDEIROS (1961) giornalista e scrittrice brasiliana.

Viaggiare nel 1500

Scorrendo le pagine del sito della BBC – News India (http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-india-20038986 ) del 25 ottobre 2012 vedo “In pictures: Itinerary, first ‘travel best-seller‘ on India”, una serie di dipinti (che vi invito a guardare) che “parlano” di un viaggio in India, percorso da un tale di nome Ludovico de Varthema, italiano. Allora mi viene la curiosità e comincio a cercare…..

Il nome di Ludovico de Varthema, nato (forse) a Bologna (si suppone nel 1470) non ha l’onore di comparire sui libri di scuola invece concesso ad altri famosi viaggiatori ed esploratori; eppure egli fu un vero antesignano del viaggiare. Di lui si conosce solo ciò che egli stesso ha raccontato (sapeva leggere e scrivere, il che fa supporre che derivasse da famiglia benestante) nei resoconti dei suoi viaggi durati ben sei anni, in giro per il mondo, scritti al suo rientro in Italia, nel 1508, raccolti e stampati nel 1510, nella sua opera “Itinerario di Ludovico de Varthema nello Egipto, nella Siria, nella Arabia deserta e felice, nella Persia, nell’India e nella Etiopia“. Questo scritto in italiano ebbe un grande successo di pubblico (e fu fonte di informazioni sulle attività portoghesi in India e nelle Isole delle Spezie), e venne tradotto nel tempo in varie lingue. Ne emerge il quadro di un personaggio avido di conoscenza, grande testimone di luoghi inesplorati che descrive con dovizia di particolari raccontandone usi e costumi. Con la sua camaleontica capacità di adattarsi all’ambiente e di immedesimarvisi integralmente, a costo di assumere identità e fedi religiose sempre diverse (mercante, medico, esperto di armi, musulmano, cristiano), riuscì a superare ogni avversa eventualità. Percorre il suo cammino nell’epoca in cui il viaggio, concepito come sola esperienza singola, non si traduceva ancora in un arricchimento culturale sociale perché l’ambiente culturale del tempo, pur se affascinato dal viaggio d’oltremare, non dava la giusta considerazione alle esperienze tratte e riferite da coloro che viaggiavano per ragioni oggettive (ad esempio per aprire nuove rotte commerciali); eppure Varthema, spinto prevalentemente dalla curiosità personale (che comunque gli procurò profitto) solo in seguito venne apprezzato dall’élite erudita del tempo.

Lasciando moglie e figlio cominciò il suo viaggio da Venezia nel 1500 da dove, percorrendo il Nilo su una feluca, raggiunse il Cairo dove si fermò due anni per apprendere la lingua e farsi arruolare fra i Mamelucchi; poi si imbarcò a Beirut e di là arrivò a Tripoli, Aleppo e infine a Damasco (Siria); qui apprese un po’ di arabo e assunse il nome, arabo, di Yunas (da Giona, uno dei profeti biblici) e si unì alla guarnigione mamelucca incaricata di proteggere Damasco. Proseguì fino a La Mecca e Medina e, come membro della scorta mamelucca, poté godere di protezione dagli attacchi dei predoni. Con lo scopo di raggiungere l’India, si imbarcò a Gedda, il porto di La Mecca, e navigò lungo il Mar Rosso, attraversò lo stretto di Bab-el Mandeb di Aden, dove venne arrestato e imprigionato come spia cristiana. Riguadagnata la libertà, si recò in Yemen, visitando anche Sana’a; poi, prese la nave a Aden per il Golfo Persico e quindi arrivò in India (dove divenne un mercante),approdando presso il porto di Diu, un piccolo isolotto nell’attuale stato del Gujarat, già possedimento dei Portoghesi presidiato da una superba fortezza. Visitò la Persia, lo Sry Lanka, il Siam, Sumatra, Giava, il Borneo, Mombasa, il Mozambico e S. Elena. Visse alcuni anni nelle Azzorre ed in altri possedimenti portoghesi come consulente militare, e, nel 1508 giunse a Lisbona, terminando così il suo viaggio in cui, dopo aver lasciato l’india per l’Europa, dovette anche affrontare le temibili tempeste del Capo di Buona Speranza. In Portogallo, il re lo accolse cordialmente, ospitandolo qualche giorno a corte “per conoscere l’India,” ed impresse il sigillo reale e la sua firma al suo titolo di cavaliere. Il suo racconto nell’ ”Itinerario” finisce a Roma, dove si congeda con il lettore.

 Alcuni storici hanno messo in dubbio la veridicità dei racconti di Varthema perché certi viaggi, secondo i suoi racconti, venivano da lui percorsi più rapidamente rispetto a quanto consentivano i metodi di viaggio dell’epoca e alcune sue descrizioni sono superficiali.

Autentico o no, l’ ”Itinerario” è una fonte inesauribile di notizie su luoghi, persone, costumi, usi, fauna, metodi di guerra e di commercio, pratiche sessuali, religiose, burocratiche e credenze di tutto il Medio Oriente, dell’India e delle Isole delle Spezie (destinazione originaria di Colombo nel 1492), che ha regalato emozioni di viaggio e stimoli di curiosità alla élite colta di tutta Europa che diversamente neppure avrebbe avuto notizia dell’esistenza di quei luoghi, anche sacri, alcuni mai visitati prima.

Da allora il nome di Ludovico de Verthema venne associato ai disegni raffiguranti viaggiatori usati per decorare edizioni di carte geografiche e mappamondi.

“Il desiderio che ha spronato altri a visitare i diversi regni del mondo, mi incitò similmente alla medesima impresa. E, poiché molti paesi sono stati assai illustrati dai veneziani, io deliberai nel mio animo di vedere luoghi meno frequentati da loro. Per cui noi, sciogliendo le vele ai venti e col favore di essi, invocammo l’aiuto divino e ci affidammo al mare”.
Ludovico de Varthema – “Itinerario nello Egypto, nella Suria, nella Arabia Deserta e Felice, nella Persia, nella India e nella Ethyopia, 1510″.

Fonti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_de_Varthema

http://ageofex.marinersmuseum.org/?type=travelwriter&id=11

http://historicalleys.blogspot.it/2009/05/ludovicos-ludicrousness.html

http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-india-20038986

http://www.eurasia-rivista.org/ludovico-de-varthema-un-turista-del-cinquecento-da-bologna-ai-confini-del-mondo/8646/

http://www.coesia.com/ita/news_media_on_1_2011-20.html