Un nuovo anno di nuove strade.

                                                            Nave Saal diya Mubarka  

                                                        Naye Saal ki Shubhkaamnaaye   

                                                       happy-new-year-wallpaper-2014

                         Un nuovo anno di nuove strade.

Salviamo le bambine

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L’aborto selettivo dei feti femminili è una piaga delle aree nel mondo in cui le norme culturali apprezzano maggiormente i figli maschi, come avviene in Cina, India, Pakistan, e nel Caucaso .

Il nascituro maschio è troppo spesso considerato come un “bene ” e preferito perché può guadagnare e sostenere la famiglia oltre a garantire la discendenza familiare e ad accudire i genitori nella vecchiaia. Una figlia, in una società patriarcale, è viceversa una ” responsabilità “, per non dire un peso; l’occasione di essere finalmente data in sposa ad un’altra famiglia sarà condizionata dalla necessaria ed adeguata dote da quest’ultima richiesta per acconsentire alle nozze e che richiede grandi sacrifici alla famiglia di provenienza.

In molti dei paesi in cui ci sono alti tassi di femminicidio, ci sono anche alti tassi di disuguaglianza basata sul sesso. In India, che ha uno dei più alti tassi di aborto di feti femmine, molte donne hanno ancora uno status inferiore nella società, quindi ricevono meno istruzione, hanno lavori poco retribuiti e spesso non hanno una indipendenza economica.

                                                                                                                                      Untitled-111-300x225

L’aborto è il primo mezzo di selezione del sesso ma in alcune regioni non mancano, come è anche spiegato e testimoniato in questo video, uccisioni di feti femminili comunque nati. In India l’ecografia utilizzata al mero fine di constatare il sesso del nascituro è illegale dal 1994. E’ possibile utilizzarla infatti solo in caso di anomalie e anche in questo caso non è comunque consentito rivelare il sesso. L’ONU riferisce circa 200 milioni di bambine nel mondo di oggi sono ‘ scomparse ‘ .

La pratica di “preferire” il figlio maschio potrebbe sembrare appartenere ad una prassi arcaica insidiata nelle classi più povere, meno acculturate e più tradizionali. Tuttavia non è così perché i costi per una ecografia premonitrice possono essere sopportati solo dalle classi più abbienti.

Gli attivisti temono che 8 milioni di feti femminili siano stati abortiti in India negli ultimi dieci anni.

Il genercidio assume molte forme, oltre che in forma di aborto anche in forma di uccisione, abbandono o malnutrizione. Il trailer mostra scene di donne che hanno ucciso le loro figlie per la loro stessa sopravvivenza; infatti può accadere che le donne che non riescono a produrre figli maschi vengano picchiate, violentate o uccise in modo che gli uomini possano risposarsi, nella speranza di procurarsi una moglie in grado di fare maschi.

Rimane comunque sempre buona norma non generalizzare. 

foto fonte: http://www.indianchild.com/girlchild/equality-status.htm

BUON NATALE DA PASSOININDIA

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Non si dovrebbe celebrare la nascita di Cristo una volta all’anno, ma ogni giorno, perché Egli rivive in ognuno di noi. Gesù è nato e vissuto invano se non abbiamo imparato da lui a regolare la nostra vita sulla legge eterna dell’amore pieno. Là dove regna senza idea di vendetta e di violenza, il Cristo è vivo. Allora potremmo dire che il Cristo non nasce soltanto un giorno all’anno: è un avvenimento costante che può avverarsi in ognuna delle nostre vite. Quando la legge suprema dell’amore sarà capita e la sua pratica sarà universale, allora Dio regnerà sulla terra come regna in cielo. Il senso della vita consiste nello stabilire il Regno di Dio sulla terra, cioè nel proporre la sostituzione di una vita egoista, astiosa, violenta e irragionevole con una vita di amore, di fraternità, di libertà, di ragione. Quando sento cantare “gloria a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà” mi chiedo oggi come sia reso gloria a Dio e dove ci sia pace sulla terra. Finché la pace sarà una fame insaziata, finché noi non saremo riusciti a rinascere come uomini illuminati dallo Spirito, a instaurare con le persone rapporti autentici di comunione da cui siano estranei i sorrisi forzati, l’invidia, la gelosia, la falsa cortesia, la diplomazia, finché non avremo come senso della vita la ricerca della verità su noi stessi, del giusto, del bello, finché non saremo capaci di spogliarci dell’inautentico, di ciò che abbiamo di troppo a spese di coloro che non hanno niente, finché continueremo a calpestare i nostri sogni più belli e più profondi, il Cristo non sarà mai nato. Quando la pace autentica si sarà affermata, quando avremo sradicato la violenza dalla nostra civiltà, solo allora noi diremo che “Cristo è nato in mezzo a noi”. Allora non penseremo tanto ad un giorno che è un anniversario, ma ad un evento che può realizzarsi in tutta la nostra vita. Se dunque si augura un “buon Natale” senza dare un senso profondo a questa frase, tale augurio resta una semplice formula vuota.

GANDHI

                                                                                                             PURI

Sand artist Sudarsan Patnaik creates sand sculptures of Santa Claus and Jesus Christ on Christmas eve at a beach in Puri

fonte foto in testa  http://ambassadors.net/archives/issue21/photos.htm

(Altre: Babbi Natale sulla spiaggia di Puri, famosa per i festival sand, costruzioni di sabbia).

LA MOTHER ROAD INDIANA.

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Se vi chiedessero di pensare alla strada per eccellenza, rispondereste la Route 66 nei mitici USA. Ma c’è un’altra mother way nell’India più remota. Siamo a Nord, la “Manali – Leh” che collega Leh, altitudine 3505 mt. nel bellissimo LADAKH, parte dello stato del Jammu e Kashmir, a Manali altitudine 1950 mt., in Himachal Pradesh.Il Ladakh è parte della antica via della seta che portava in Oriente dal Golfo Persico. La Manali-Leh, lunga più di 500 km., è una delle più suggestive strade del mondo percorribile solo tra maggio e ottobre; la sua elevazione media è più di 4.000 metri con una altitudine massima di 5328 mt. sul passo di Tanglang.   

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Scolpita lungo la catena himalayana, aperta nel 1989, è praticamente un graffio nelle grandi montagne tra le più belle al mondo. Chi decide di realizzare il suo sogno di percorrerla con qualunque mezzo, che sia in 4X4, moto, bicicletta, autobus sa che la sorpresa sta nel viaggio e nella bellezza dei paesaggi, catene montuose, rocce, sabbia, laghi che sfilano tutt’ intorno. Un caleidoscopio di colori inimmaginabile e, la notte, un cielo impagabile di stelle. Il percorso è a una o due corsie ma complicato, spesso interrotto da frane, corsi d’acqua ghiacciati o appena sciolti con la primavera. Le ruote, qualunque esse siano, si aggrappano allo sterrato sfiorando il precipizio perché la strada si appoggia alla montagna ma sull’altro fianco non esiste guard rail. Il viaggio da Manali a Leh e viceversa è percorribile in due o più giorni, ma la lentezza in questi casi appaga più dell’arrivare prima e a tutti i costi. Gli imprevisti dovuti ai capricci del clima, alle condizioni della strada o del veicolo (e non è raro vederne qualcuno in difficoltà) non consentono talvolta di rispettare i tempi di marcia. Camion e autobus viaggiano a 15/20 km. l’ora proprio a causa del dissesto stradale.

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Il paesaggio è versatile e cambia da verde a roccia e da roccia a verde ma le cime delle montagne sono invariabilmente coperte di neve e brillano al sole; il Rothang Pass, che in persiano vuol dire “un mucchio di cadaveri”, situato a 50 km. da Manali, è il primo alto picco che si incontra da Manali verso Leh, alt. mt. 3.980, e rimane innevato anche nei mesi di maggio e giugno quando i turisti arrivano sin lassù.

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Qualcuno accusa il mal di montagna dovuto alla rarefatta atmosfera. Per questo chi viaggia verso Leh è bene si ambienti per una notte a Manali (alt. mt. 1950) e poi a Keylong (alt. mt. 3349), ai campi tendati di Jispa (alt. mt. 3142) o a Darcha (alt. mt. 3400), prima di salire alle altitudini ancora più elevate fino al Tanglang Ta (alt. mt. 5360), quando manca circa un terzo di tutto il percorso per arrivare a Leh. Durante il “cammino” in questo magnifico arido deserto pressoché disabitato che è il Ladakh è possibile fermarsi in uno dei dhaba sul ciglio della strada, una sorta di ristorante, economico ed essenziale che consente ai driver di sdraiarsi per riposare un po’.

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Dopo il Rothang Pass, la ripida discesa verso Baralacha La (quota mt. 5030) inizia a Zingzingbar (quota mt. 4.270) e, appena superata, si incontra una colata di ghiaccio che taglia la strada e che, nelle ore più calde, sciogliendosi, si trasforma in un torrente: se l’acqua è troppo potente per la forza di un veicolo, può rendere necessario fermarsi ad aspettare.

Manali-Leh highway at Baralacha-la after clearing the snow                                                                 HRTC-bus-service

L’autostrada attraversa alcuni dei più alti passi e passaggi di montagna del mondo, tra cui Rothang La (3978 mt.), il Pir Panjal, il Baralacha La (4.892 mt.), il Lacholang La (5059 mt.), e il Tanglang La (5.328 mt.). Il Rohtang La pass e il Baralacha La ricevono più nevicate del Taglang, ma tutti e tre i passaggi sono bloccati in inverno. Tra Lachlung La e Taglang La, la strada attraversa alte pianure anch’esse spettacolari.

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Poiché il Ladakh si trova tra Cina e Pakistan, la Manali-Leh riveste un ruolo strategico militare per l’India e questo è il motivo per cui si vede molto esercito. La sua manutenzione è nelle mani della Border Road Organisation dell’esercito indiano che ha progettato la costruzione di un tunnel lungo più di 5 km. per bypassare il Rohtang pass e creare una via più sicura e più veloce percorribile tutto l’anno. Diversamente Lahaul e Spiti restano tagliati fuori dal resto del paese. Il progetto è importante anche per il trasporto degli approvvigionamenti agli stabilimenti militari in Ladakh e Leh e anche per la popolazione locale che vende i prodotti agricoli nelle città. Darà un ulteriore impulso al turismo e renderà più facile arrivare a Leh (comunque facilmente raggiungibile in volo da Delhi). Il tunnel, largo 11,25 m, avrà una capacità di 3.000 veicoli al giorno che potranno viaggiarvi a 80 km. orari e sarà situato ad una altitudine media di 3100 mt., e a circa 900 mt. sotto Rohtang Pass. Così il tempo di percorrenza del Rothang Pass si accorcerà di 50 km. e il tempo di viaggio tra il sud e il nord di Rohtang Pass, che ora è di 4-6 ore, si ridurrà a 30 minuti. Circa un terzo del tunnel è stato scavato dall’aprile 2012. Quando sarà terminato, nel 2015, sarà il tunnel più lungo del mondo ad altitudini così elevate.

Un viaggio da non perdere.  025 

                                  distance

Lone fox dancing

Mentre tornavo a casa ieri sera
Ho visto una volpe che ballava solitaria
Alla luce della luna fredda.

Rimasi a guardare. Poi
Presi un’ altra strada, sapendo che
La notte era sua di diritto.

A volte, quando le parole suonano vere,
Sono come una volpe che balla solitaria
Nella rugiada del mattino.

 

liberamente tradotta da poesia di Ruskin Bond  “Lone fox dancing”

 

foto da sito National Geographic (racconta il tuo parco)

LA TANA DELLA TIGRE (BHUTAN).

C’è una salita di due ore che parte dal fondovalle, a 10 chilometri da Paro e a circa 2500 mt. di altitudine; il sentiero che imbocco è solo uno dei tre punti di accesso alla mia meta e lo scelgo perché è quello percorso dai devoti; è ben tenuto ma molto ripido e i tornanti, salendo, si fanno sempre più impegnativi; arranco lento, con il respiro affaticato, tra pini blu e rododendri in fiore. Rallento, per meglio gestire l’altitudine che aumenta e mi guardo intorno, sorpreso e incredulo di essere quasi arrivato lassù. Proseguo lungo una mulattiera, in una foresta decorata da bandiere colorate su cui i fedeli hanno scritto le loro preghiere.Tra un albero e l’altro lo vedo, viene e scompare, si fa desiderare, mi chiama con il tocco delle sue campane. Mi sorpassano, con i loro piccoli bambini, le madri del luogo e i muli, che rasentano il precipizio, al servizio dei turisti già stanchi. Non mi scoraggio e proseguo, certo che ne avrò la meritata soddisfazione. Eccolo, lo vedo ancora, superbo, colorato, sacro, avvolto dalla nebbia del Buthan. In fondo al canyon, una cascata d’ acqua che salta 60 metri, considerata sacra in quel luogo interamente sacro, che crea un alveo attraversabile tramite un ponte. Arrivo esausto e, tolte le scarpe, tramite uno stretto passaggio, entro finalmente nella caverna della Tigre, alta e profonda che respira freddo e gela il sudore; nell’oscurità, dozzine di immagini di Bodhisattva, scintillanti lampade votive e una sacra scrittura realizzata in polvere d’oro e d’osso dal divino Lama. Mi trovo al Monastero di Taktsang Palphug, costruito a strapiombo sul fianco di una montagna a 3200 metri di altezza sul livello del mare (si fa per dire), 700 mt. sopra la Valle di Paro, Buthan, nelle pieghe della catena himalayana. Davanti agli occhi, una costruzione composta di più templi in cui dominano il colore rosso ed oro dei tetti e il bianco cangiante delle mura di mattoni. La roccia sorregge questo gompa dal 1692 quando venne posata la prima pietra di questo capolavoro. E il gompa ricambia l’affetto abbracciando la caverna di Taktsang Senge Samdup, anch’essa sacra, perché qui Padmasambhava meditò per tre mesi nell’VIII secolo. Infatti, i primi monaci buddisti erano asceti che, diffondendo il messaggio del Buddha, trovavano ricovero nelle grotte. Ebbene, questo Guru (vuol dire spiritualmente “pesante”), considerato il secondo Buddha è colui che, bramino, diffuse il buddismo tantrico attraverso il Bhutan e il Tibet nel ‘700. Padmasambhava è il guru Rinpoche(“prezioso”) per eccellenza, titolo onorifico utilizzato frequentemente all’interno del Buddismo tibetano, riservato ai lama e ai tulku, i bodhisattva   che hanno rinunciato alla moksa (la liberazione dal ciclo nascita, morte e rinascita) e si sono reincarnati per diffondere il messaggio illuminato. La caverna intorno alla quale è costruito il monastero si chiama Tana della Tigre e gli regala il nome, Taktsang, perché Padmasambhava è giunto lì dal Tibet cavalcando proprio una tigre volante. Si dice anche che quella tigre fosse in realtà la moglie di un imperatore che, volendo diventare discepola del Guru, si trasformò in una tigre portandolo sul suo dorso dal Tibet a Taktsang. Per questo il luogo è consacrato alla divinità della tigre. Tutto è mistico, l’edificio, i monaci in rosso, la splendida natura e il panorama mozzafiato. Persino colui che ne iniziò la costruzione, Tenzin Rabgye è considerato sacro perché ritenuto la reincarnazione del guru Padmasmabhava; egli infatti frequentava la grotta, si alimentava con poco cibo, e scongiurò ogni sorta di incidenti durante i lavori; si dice che in quel tempo la gente di Paro vide formarsi nel cielo, sopra il tempio, figure di diversi animali oltreché simboli religiosi come piogge di fiori che apparivano nell’aria e svanivano prima di toccare terra.

Giro tutto intorno al gompa, attraverso i piccoli passaggi, scalinate realizzate in roccia locale e ponti di legno sospesi e mi accorgo che nulla è fuori posto; tutto è in perfetta armonia con l’ambiente circostante; ci sono quattro templi principali e le residenze dei monaci. Mi spiegano che i monaci che praticano il buddismo Vajrayana (la religione di stato del Bhutan) devono vivere formalmente qui per tre anni prima di scendere nella valle di Paro. Oltre alla Tana della Tigre ci sono altre sette caverne, ma solo tre facilmente accessibili al pubblico. Cerco e trovo la magnificenza di una statua del Buddha. Il santuario principale di Taktshang è anche la residenza del Lama Capo, Karma Thupden Chokyi Nyenci. Gli interni non sono da meno del fuori, decorati con splendidi dipinti raffiguranti Klu, il semidio rappresentato con testa umana e corpo di serpente, che si dice risiedesse nei laghi a guardia di tesori nascosti; colorati arcobaleni, fiori di loto, il Buddha nella sua lotta contro i demoni e il paradiso che avvolge il santo Guru Padmashambahava. Mi affaccio ad una delle decorate balconate del tempio, conscio di aver vissuto un giorno fortunato. Dopo i lavori di restauro nel 2005 resi necessari da un incendio che colpì Taktshang nel 1998 e che costarono ben 135 milioni il tempio è risorto più bello di prima. Chissà, forse tornerò nella valle di Paro, durante il festival popolare di Tsechuene che ogni anno i bhutanesi celebrano in onore del grande Guru e che nel 2014 avrà luogo dall’11 al 15 Aprile. Se Padmashambahava vorrà, io ci sarò.

Testo PASSOININDIA 

(Vieni a trovarmi su Facebook PASSOININDIA)

La salita al cielo. Il Kalavantin Durg.

Tra tanti luoghi strani al mondo, questo è uno di quelli. E’ il forte di Kalavantin Durg e si trova vicino alla città di Mumbai, nei Ghati occidentali chiamati anche Sahyadri, accanto al grande altopiano di Prabalgad, in Maharashtra, India.

La sua stranezza sta nel fatto che è situato sulla cima di una montagna alta più di 2300 metri. Secondo la leggenda fu costruito per la regina Kalavantin ma questo sembra davvero essere tutto ciò che si sa. Si ritiene che il Forte sia stato costruito intorno al periodo del Buddha, o forse intorno al 500 a.C. L’unico modo per salire sul pinnacolo dove si trova questa antica fortezza è una agghiacciante ripida salita che si sviluppa, in migliaia di gradini di roccia larghi 2-3 metri intagliati a mano nella roccia stessa, tutta intorno al picco. Per questo il Kalvantin Durg è anche chiamato la Salita al Cielo. Per chi volesse cimentarsi nel trekking sappia che non ci sono protezioni sul bordo e, per chi volesse scalare, neppure corde sulla parete. Insomma, non è un posto per chi soffre di vertigini e, oltretutto, la parte più difficile è proprio la discesa. Questo luogo affascinante è abbandonato, nel senso che non viene utilizzato per il suo scopo militare originale, ma è visitato da turisti, escursionisti e gente del posto ed è facilmente raggiungibile (si intende il punto di partenza della scalata!) dalla Mumbai-Pune Expressway.

Il periodo più consigliato per recarsi qui è quello che va da ottobre a maggio perché le stagioni dei monsoni rendono ancora più scivolosa la salita.
Da lassu’ si vede la città di Mumbai e altri forti nelle valli intorno.

Durante la festa di Holi, quando arriva la primavera (vedi su questo blog “Holi, la festa dei colori”, marzo 2013) le tribu’ adivasi del sottostante villaggio di Prabalmachi (1500 mt. alt.) ballano in cima a questa montagna e festeggiano il loro Shimga Festival perché considerano il forte una parte del loro patrimonio etico-culturale. Se vi soffermate da loro vi offriranno Thali Vegetariani, dal, riso e subzi, un tipico stufato indiano fatto con verdure e spezie.

Da lassù si gode un’ottima veduta sulle terre indiane circostanti ma il percorso per raggiungere il forte di Kalavantin Durg è considerato il più pericoloso al mondo.

foto da sito: http://benedante.blogspot.it/2013/11/kalavantin-durg.html

Fuori tema, ma “questa è l’acqua”….

Questa è l’acqua”

di David Foster Wallace (nato ad Ithaca, vicino a New York nel 1962 e morto suicida nel 2008.)

Questa è l’acqua” è una raccolta di sei testi di di questo autore. Cinque racconti, pubblicati tra il 1987 e il 1991, più il testo che segue, il discorso che Wallace tenne ai giovani laureati del Kenyon College nel 2008 che dà il titolo alla raccolta.

Trascrizione del discorso di David Foster Wallace per la cerimonia delle lauree al Kenyon college, 21 maggio 2005 [traduzione di Roberto Natalini]:

Un saluto a tutti e le mie congratulazioni alla classe 2005 dei laureati del Kenyon college. Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”È una caratteristica comune ai discorsi nelle cerimonie di consegna dei diplomi negli Stati Uniti di presentare delle storielle in forma di piccoli apologhi istruttivi. La storia è forse una delle migliori, tra le meno stupidamente convenzionali nel genere, ma se vi state preoccupando che io pensi di presentarmi qui come il vecchio pesce saggio, spiegando cosa sia l’acqua a voi giovani pesci, beh, vi prego, non fatelo. Non sono il vecchio pesce saggio. Il succo della storia dei pesci è solamente che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare. Espresso in linguaggio ordinario, naturalmente diventa subito un banale luogo comune, ma il fatto è che nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti, i banali luoghi comuni possono essere questioni di vita o di morte, o meglio, è questo ciò che vorrei cercare di farvi capire in questa piacevole mattinata di sole.Chiaramente, l’esigenza principale in discorsi come questo è che si suppone vi parli del significato dell vostra educazione umanistica, e provi a spiegarvi perché il diploma che state per ricevere ha un effettivo valore sul piano umano e non soltanto su quello puramente materiale. Per questo, lasciatemi esaminare il più diffuso stereotipo nei discorsi fatti a questo tipo di cerimonie, ossia che che la vostra educazione umanistica non consista tanto “nel fornirvi delle conoscenze”, quanto “nell’insegnarvi a pensare”.

Se siete come me quando ero studente, non vi sarà mai piaciuto ascoltare questo genere di cose, e avrete tendenza a sentirvi un po’ insultati dall’affermazione che dobbiate aver bisogno di qualcuno per insegnarvi a pensare, poiché il fatto stesso che siete stati ammessi a frequentare un college così prestigioso vi sembra una dimostrazione del fatto che già sapete pensare. Ma vorrei convincervi che lo stereotipo dell’educazione umanistica in realtà non è per nulla offensivo, perché la vera educazione a pensare, che si pensa si debba riuscire ad avere in un posto come questo, non riguarda affatto la capacità di pensare, ma piuttosto la scelta di cosa pensare. Se la vostra assoluta libertà di scelta su cosa pensare vi sembrasse troppo ovvia per perdere del tempo a discuterne, allora vorrei chiedervi di pensare al pesce e all’acqua, e a mettere tra parentesi anche solo per pochi minuti il vostro scetticismo circa il valore di ciò che è completamente ovvio.

Ecco un’altra piccola storia istruttiva. Ci sono due tizi che siedono insieme al bar in un posto sperduto e selvaggio in Alaska. Uno dei due tizi è credente, l’altro è ateo, e stanno discutendo sull’esistenza di Dio, con quell’intensità particolare che si stabilisce più o meno dopo la quarta birra. E l’ateo dice: “Guarda, non è che non abbia ragioni per non credere. Ho avuto anche io a che fare con quella roba di Dio e della preghiera. Proprio un mese fa mi sono trovato lontano dal campo in una terribile tormenta, e mi ero completamente perso e non riuscivo a vedere nulla, e facevano 45 gradi sotto zero, e così ho provato: mi sono buttato in ginocchio nella neve e ho urlato ‘Oh Dio, se c’è un Dio, mi sono perso nella tormenta, e morirò tra poco se tu non mi aiuterai’.” E a questo punto, nel bar, il credente guarda l’ateo con aria perplessa “Bene, allora adesso dovrai credere” dice, “sei o non sei ancora vivo?” E l’ateo, alzando gli occhi al cielo “Ma no, è successo invece che una coppia di eschimesi, che passava di lì per caso, mi ha indicato la strada per tornare al campo.”

È facile interpretare questa storiella con gli strumenti tipici dell’analisi umanistica: la stessa precisa esperienza può avere due significati totalmente diversi per due persone diverse, avendo queste persone due diversi sistemi di credenze e due diversi modi di ricostruire il significato dall’esperienza. Poiché siamo convinti del valore della tollerenza e della varietà delle convinzioni, in nessun modo la nostra analisi umanistica vorrà affermare che l’interpretazione di uno dei due tizi sia giusta a quella dell’altro falsa o cattiva. E questo va anche bene, tranne per il fatto che in questo modo non si riesce mai a discutere da dove abbiano origine questi schemi e credenze individuali. Voglio dire, da dove essi vengano dall’INTERNO dei due tizi. Come se l’orientamento fondamentale verso il mondo di una persona e il significato della sua esperienza fossero in qualche modo intrinseci e difficilmente modificabili, come l’altezza o il numero di scarpe, o automaticamente assorbiti dal contesto culturale, come il linguaggio. Come se il modo in cui noi costruiamo il significato non fosse in realtà un fatto personale, frutto di una scelta intenzionale. Inoltre, c’è anche il problema dell’arroganza. Il tizio non credente è totalmente certo nel suo rifiuto della possibilità che il passaggio degli eschimesi abbia qualche cosa a che fare con la sua preghiera. Certo, ci sono un sacco di credenti che appaiono arroganti e anche alcune delle loro interpretazioni. E sono probabilmente anche peggio degli atei, almeno per molti di noi. Ma il problema del credente dogmatico è esattamente uguale a quello del non credente: una certezza cieca, una mentalità chiusa che equivale a un imprigionamento così totale che il prigioniero non si accorge nemmeno di essere rinchiuso.

Il punto che vorrei sottolineare qui è che credo che questo sia una parte di ciò che vuole realmente significare insegnarmi a pensare. A essere un po’ meno arrogante. Ad avere anche solo un po’ di coscienza critica su di me e le mie certezze. Perché una larga percentuale di cose sulle quali tendo a essere automaticamente certo risulta essere totalmente sbagliata e deludente. Ho imparato questo da solo e a mie spese, e così immagino sarà per voi una volta laureati.

Ecco un esempio della totale falsità di qualche cosa su cui tendo ad essere automaticamente sicuro: nella mia esperienza immediata, tutto tende a confermare la mia profonda convinzione che io sia il centro assoluto dell’universo, la più reale e vivida e importante persona che esista. Raramente pensiamo a questa specie di naturale, fondamentale egocentrismo, perché è qualche cosa di socialmente odioso. Ma in effetti è lo stesso per tutti noi. È la nostra configurazione di base, codificata nei nostri circuiti fin dalla nascita. Pensateci: non c’è nessuna esperienza che abbiate fatto di cui non ne siate il centro assoluto. Il mondo, così come voi lo conoscete, è lì davanti a VOI o dietro di VOI, o alla VOSTRA sinistra o alla VOSTRA destra, sulla VOSTRA TV o sul VOSTRO schermo. E così via. I pensieri e i sentimenti delle altre persone devono esservi comunicati in qualche modo, ma i vostri sono così immediati, urgenti, reali.

Adesso vi prego di non pensare che io voglia farvi una lezione sulla compassione o la sincerità o altre cosiddette “virtù”. Il problema non è la virtù. Il problema è di scegliere di fare il lavoro di adattarsi e affrancarsi dalla configurazione di base, naturale e codificata in noi, che ci fa essere profondamente e letteralmente centrati su noi stessi, e ci fa vedere e interpretare ogni cosa attraverso questa lente del sé. Le persone che riescono ad adattare la loro configurazione di base sono spesso descritti come “ben adattati”, che credo non sia un termine casuale.Considerando la trionfale cornice accademica in cui siamo, viene spontaneo porsi il problema di quanto di questo lavoro di autoregolazione della nostra configurazione di base coinvolga conoscenze effettive e il nostro stesso intelletto. Questo problema è veramente molto complicato. Probabilmente la più pericolosa conseguenza di un’educazione accademica, almeno nel mio caso, è che ha permesso di svilupparmi verso della roba super-intellettualizzata, di perdermi in argomenti astratti dentro la mia testa e, invece di fare semplicemente attenzione a ciò che mi capita sotto al naso, fare solo attenzione a ciò che capita dentro di me.Come saprete già da un pezzo, è molto difficile rimanere consapevoli e attenti, invece di lasciarsi ipnotizzare dal monologo costante all’interno della vostra testa (potrebbe anche stare succedendo in questo momento). Vent’anni dopo essermi laureato, sono riuscito lentamente a capire che lo stereotipo dell’educazione umanistica che vi “insegna a pensare” è in realtà solo un modo sintentico per esprimere un’idea molto piu significativa e profonda: “imparare a pensare” vuol dire in effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all’esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai. Pensate al vecchio luogo comune della “mente come ottimo servitore, ma pessimo padrone”. Questo, come molti luoghi comuni, così inadeguati e poco entusiasmanti in superficie, in realtà esprime una grande e terribile verità. Non a caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di aver premuto il grilletto.

E vi dico anche quale dovrebbe essere l’obiettivo reale su cui si dovrebbe fondare la vostra educazione umanistica: come evitare di passare la vostra confortevole, prosperosa, rispettabile vita adulta, come dei morti, incoscienti, schiavi delle vostre teste e della vostra solita configurazione di base per cui “in ogni momento” siete unicamente, completamente, imperiosamente soli. Questo potrebbe suonarvi come un’iperbole o un’astrazione senza senso. Cerchiamo di essere concreti. Il fatto puro e semplice è che voi laureati non avete ancora nessun’idea di cosa “in ogni momento” significhi veramente. Questo perché nessuno parla mai, in queste cerimonie delle lauree, di una grossa parte della vita adulta americana. Questa parte include la noia, la routine e la meschina frustrazione. I genitori e i più anziani tra di voi sapranno anche troppo bene di cosa sto parlando.

Tanto per fare un esempio, prendiamo una tipica giornata da adulto, e voi che vi svegliate la mattina, andate al vostro impegnativo lavoro da colletto-bianco-laureato-all’università, e lavorate duro per otto o dieci ore, fino a che, alla fine della giornata, siete stanchi e anche un po’ stressati e tutto ciò che vorreste sarebbe di tornarvene casa, godervi una bella cenetta e forse rilassarvi un po’ per un’oretta, per poi ficcarvi presto nel vostro letto perché, evidentemente, dovrete svegliarvi presto il giorno dopo per ricominciare tutto da capo. Ma, a questo punto, vi ricordate che non avete nulla da mangiare a casa. Non avete avuto tempo di fare la spesa questa settimana a causa del vostro lavoro così impegnativo, per cui, uscendo dal lavoro, dovete mettervi in macchina e guidare fino al supermercato. È l’ora di punta e il traffico è parecchio intenso. Per cui per arrivare al supermercato ci mettete moltissimo tempo, e quando finalmente arrivate, lo trovate pieno di gente, perché naturalmente è proprio il momento del giorno in cui tutti quelli che lavorano come voi cercano di sgusciare in qualche negozio di alimentari. E il supermercato è disgustosamente illuminato e riempito con della musica di sottofondo abbrutente o del pop commerciale, ed è proprio l’ultimo posto in cui vorreste essere, ma non potete entrare e uscire rapidamente, vi tocca vagare su e giù tra le corsie caotiche di questo enorme negozio super-illuminato per trovare la roba che volete e dovete manovrare con il vostro carrello scassato nel mezzo delle altre persone, anche loro stanche e di fretta come voi, con i loro carrelli (eccetera, eccetera, ci dò un taglio poiché è una cerimonia piuttosto lunga) e alla fine riuscite a raccogliere tutti gli ingredienti della vostra cena, e scoprite che non ci sono abbastanza casse aperte per pagare, anche se è l’ora-di-punta-di-fine-giornata. Cosi la fila per pagare è incredibilmente lunga, che è una cosa stupida e che vi fa arrabbiare. Ma voi non potete sfogare la vostra frustrazione sulla povera signorina tutta agitata alla cassa, che è superstressata da un lavoro la cui noia quotidiana e insensatezza supera l’immaginazione di ognuno di noi qui in questa prestigiosa Università.

Ma in ogni modo, finalmente arrivate in fondo a questa fila, pagate per il vostro cibo, e vi viene detto “buona giornata” con una voce che è proprio la voce dell’oltretomba. Quindi dovete portare quelle orrende, sottili buste di plastica del supermercato nel vostro carrello con una ruota impazzita che spinge in modo esasperante verso sinistra, di nuovo attraverso il parcheggio affollato, pieno di buche e di rifiuti, e guidare verso casa di nuovo attraverso il traffico dell’ora di punta, lento, intenso, pieno di SUV, ecc.

A tutti noi questo è capitato, certamente. Ma non è ancora diventato parte della routine della vostra vita effettiva di laureati, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno. Ma lo sarà. E inoltre ci saranno tante altre routine apparentemente insignificanti, noiose e fastidiose. Ma non è questo il punto. Il punto è che è proprio con stronzate meschine e frustranti come questa che interviene la possibilità di scelta. Perché il traffico e le corsie affollate del supermercato e la lunga coda alla cassa mi danno il tempo di pensare, e se io non decido in modo meditato su come pensare e a cosa prestare attenzione, sarò incazzato e infelice ogni volta che andrò a fare la spesa. Perché la mia naturale configurazione di base è la certezza che situazioni come questa riguardino solo me. La MIA fame e la MIA stanchezza e il MIO desiderio di andarmene a casa, e mi sembrerà che ogni altra persona al mondo stia lì ad ostacolarmi. E chi sono poi queste persone che mi ostacolano? E guardate come molti di loro sono repellenti, e come sembrano stupidi e bovini e con gli occhi spenti e non-umani nella coda alla cassa, o anche come è fastidioso e volgare che le persone stiano tutto il tempo a urlare nei loro cellulari mentre sono nel mezzo della fila. E guardate quanto tutto ciò sia profondamente e personalmente ingiusto.

Oppure, se la mia configurazione di base è più vicina alla coscienza sociale e umanistica, posso passare un bel po’ di tempo nel traffico di fine giornata a essere disgustato da tutti quei grossi, stupidi SUV e Hummers e furgoni con motori a 12 valvole, che bloccano la strada e consumano il loro costoso, egoistico serbatoio da 40 galloni di benzina, e posso anche soffermarmi sul fatto che gli adesivi patriottici e religiosi sembrano essere sempre sui veicoli più grandi e più disgustosamente egoisti, guidati dai più brutti, più incoscienti e aggressivi dei guidatori. (Attenzione, questo è un esempio di come NON bisogna pensare…) E posso pensare che i figli dei nostri figli ci disprezzeranno per aver sprecato tutto il carburante del futuro e avere probabilmente fottuto il clima, e che noi tutti siamo viziati e stupidi ed egoisti e ripugnanti, e che la moderna civiltà dei consumi faccia proprio schifo, e così via.

Avete capito l’idea.

Se scelgo di pensare in questo modo in un supermercato o sulla superstrada, va bene. Un sacco di noi lo fanno. Tranne che il fatto di pensare in questo modo diventa nel tempo così facile e automatico che non è più nemmeno una vera scelta. Diventa la mia configurazione di base. È questa la modalità automatica in cui vivo le parti noiose, frustranti, affollate della mia vita da adulto, quando sto operando all’interno della convinzione automatica e inconscia di essere il centro del mondo, e che i miei bisogni e i miei sentimenti prossimi sono ciò che determina le priorità del mondo intero.

In realtà, naturalmente, ci sono molti modi diversi di pensare in questo tipo di situazioni. Nel traffico, con tutte queste macchine ferme e immobili davanti a me, non è impossibile che una delle persone nei SUV abbia avuto un orribile incidente d’auto nel passato, e adesso sia cosi terrorizzata dal guidare che il suo terapista le ha ordinato di prendere un grosso e pesante SUV, così che possa sentirsi abbastanza sicura quando guida. O che quell’Hummer che mi ha appena tagliato la strada sia forse guidato da un padre il cui figlio piccolo è ferito o malato nel sedile accanto a lui, e stia cercando di portarlo in ospedale, ed abbia quindi leggitimamente molto più fretta di me: in effetti sono io che blocco la SUA strada.

Oppure posso sforzarmi di considerare la possibilità che tutti gli altri nella fila alla cassa del supermercato siano stanchi e frustrati come lo sono io, e che alcune di queste persone probabilmente abbiano una vita molto più dura, noiosa e dolorosa della mia.

Di nuovo, vi prego di non pensare che vi stia dando dei consigli morali, o vi stia dicendo che dovreste pensare in questo modo, o che qualcuno si aspetta da voi che lo facciate. Perché è difficile. Richiede volontà e fatica, e se voi siete come me, in certi giorni non sarete capaci di farlo, o più semplicemente non ne avrete voglia.

Ma molte altre volte, se sarete abbastanza coscienti da darvi la possibilità di scegliere, voi potrete scegliere di guardare in un altro modo a questa grassa signora super-truccata e con gli occhi spenti che ha appena sgridato il suo bambino nella coda alla cassa. Forse non è sempre così. Forse è stata sveglia per tre notti di seguito tenendo la mano del marito che sta morendo di un cancro alle ossa. O forse questa signora è l’impiegata meno pagata della motorizzazione, che proprio ieri ha aiutato vostra moglie a risolvere un orribile e snervante problema burocratico con alcuni piccoli atti di gentilezza amministrativa.

Va bene, nessuno di questi casi è molto probabile, ma non è nemmeno completamente impossibile. Dipende da cosa volete considerare. Se siete automaticamente sicuri di sapere cos’è la realtà, e state operando sulla base della vostra configurazione di base, allora voi, come me, probabilmente non avrete voglia di considerare possibilità che non siano fastidiose e deprimenti. Ma se imparate realmente a concentrarvi, allora saprete che ci sono altre opzioni possibili. Avrete il potere di vivere una lenta, calda, affollata esperienza da inferno del consumatore, e renderla non soltanto significativa, ma anche sacra, ispirata dalle stesse forze che formano le stelle: amore, amicizia, la mistica unità di tutte le cose fuse insieme. Non che la roba mistica sia necessariamente vera. La sola cosa che è Vera con la V maiuscola è che sta a voi decidere di vederlo o meno.

Questa, credo, sia la libertà data da una vera educazione, di poter imparare ad essere “ben adattati”. Voi potrete decidere con coscienza che cosa ha significato e che cosa non lo ha. Potrete scegliere in cosa volete credere. Ed ecco un’altra cosa che può sembrare strana, ma che è vera: nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti non c’è posto per una cosa come l’ateismo. Non è possibile non adorare qualche cosa. Tutti credono. La sola scelta che abbiamo è su che cosa adorare. E forse la più convincente ragione per scegliere qualche sorta di dio o una cosa di tipo spirituale da adorare – sia essa Gesù Cristo o Allah, sia che abbiate fede in Geova o nella Santa Madre Wicca, o nelle Quattro Nobili Verità, o in qualche inviolabile insieme di principi etici – è che praticamente qualsiasi altra cosa in cui crederete finirà per mangiarvi vivo. Se adorerete il denaro o le cose, se a queste cose affiderete il vero significato della vita, allora vi sembrerà di non averne mai abbastanza. È questa la verità. Adorate il vostro corpo e la bellezza e l’attrazione sessuale e vi sentirete sempre brutti. E quando i segni del tempo e dell’età si cominceranno a mostrare, voi morirete un milione di volte prima che abbiano ragione di voi. Ad un certo livello tutti sanno queste cose. Sono state codificate in miti, proverbi, luoghi comuni, epigrammi, parabole, sono la struttura di ogni grande racconto. Il trucco sta tutto nel tenere ben presente questa verità nella coscienza quotidiana.Adorate il potere, e finirete per sentirvi deboli e impauriti, e avrete bisogno di avere sempre più potere sugli altri per rendervi insensibili alle vostre proprie paure. Adorate il vostro intelletto, cercate di essere considerati intelligenti, e finirete per sentirvi stupidi, degli impostori, sempre sul punto di essere scoperti. Ma la cosa insidiosa di queste forme di adorazione non è che siano cattive o peccaminose, è che sono inconsce. Sono la configurazione di base.

Sono forme di adorazione in cui scivolate lentamente, giorno dopo giorno, diventando sempre più selettivi su quello che volete vedere e su come lo valutate, senza essere mai pienamente consci di quello che state facendo.

E il cosiddetto “mondo reale” non vi scoraggerà dall’operare con la configurazione di base, poiché il cosiddetto “mondo reale” degli uomini e del denaro e del potere canticchia allegramente sul bordo di una pozza di paura e rabbia e frustrazione e desiderio e adorazione di sé. La cultura contemporanea ha imbrigliato queste forze in modo da produrre una ricchezza straordinaria e comodità e libertà personale. La libertà di essere tutti dei signori di minuscoli regni grandi come il nostro cranio, soli al centro del creato. Questo tipo di libertà ha molti lati positivi. Ma naturalmente vi sono molti altri tipi di libertà, e del tipo che è il più prezioso di tutti, voi non sentirete proprio parlare nel grande mondo esterno del volere, dell’ottenere e del mostrarsi. La libertà del tipo più importante richiede attenzione e consapevolezza e disciplina, e di essere veramente capaci di interessarsi ad altre persone e a sacrificarsi per loro più e più volte ogni giorno in una miriade di modi insignificani e poco attraenti.

Questa è la vera libertà. Questo è essere istruiti e capire come si pensa. L’alternativa è l’incoscienza, la configurazione di base, la corsa al successo, il senso costante e lancinante di aver avuto, e perso, qualcosa di infinito.

Lo so che questa roba probabilmente non vi sembrerà molto divertente o ispirata, come un discorso per questo di genere di cerimonie dovrebbe sembrare. In questo consiste però, per come la vedo io, la Verità con la V maiuscola, scrostata da un sacco di stronzate retoriche. Certamente, siete liberi di pensare quello che volete di tutto questo. Ma per favore non scartatelo come se fosse una sermone ammonitorio alla Dr. Laura. Niente di questa roba è sulla morale o la religione o il dogma o sul grande problema della vita dopo la morte. La Verità con la V maiuscola è sulla vita PRIMA della morte. È sul valore reale di una vera istruzione, che non ha quasi nulla a che spartire con la conoscenza e molto a che fare con la semplice consapevolezza, consapevolezza di cosa è reale ed essenziale, ben nascosto, ma in piena vista davanti a noi, in ogni momento, per cui non dobbiamo smettere di ricordarci più e più volte: “Questa è acqua, questa è acqua.”

È straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni momento. Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita. E comincia ora.

Auguro a tutti una grossa dose di fortuna.”.

Tutto sommato non è così fuori tema.

foto by PASSOININDIA

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