Le tigri del Ranthambore Wildlife Sanctuary- Rajastan.

Se decidi di di visitare il Ranthambore National Park è perché è uno dei più grandi parchi nazionali nel nord dell’India. Dopo una tappa consigliata alla ammaliante città rosa di Jaipur, puoi raggiungere il Parco dopo un viaggio di 160 km e circa 4 ore di strada. Senz’altro con un volo da Jaipur ci si impiega di meno ma il Rajastan ha il suo bel fascino da gustare da vicino anche se forse con un treno per Sawai Madhopur, a circa 11 km di distanza dal parco, si può risparmiare qualche rupia. Quando arrivi a Rathambore ti trovi davanti un magnifico paradiso. Con sole 800 Rupie è possibile partecipare ad uno dei safari di più o meno 3 ore che vengono organizzati con jeep o furgoni per vedere le tigri e tutta l’altra straordinaria fauna selvatica che abita il parco, tra cui leopardi, cinghiali, cervi, antilopi, iene, scimmie, manguste, orsi, rettili, aquile, avvoltoi, gru, cicogne, pavoni e ben altre 270 specie di uccelli. Questo regno degli animali di 392 km² è arredato da grandi banyan, foreste decidue, ampi manti erbosi e corsi d’acqua (il Banas e il Chmbai), laghi e 539 specie di piante da fiore. Ma è per le tigri che si va a Rathambore. La sua condizione di esclusivo territorio di caccia della famiglia reale di Jaipur, che vietava il pascolo e l’abbattimento degli alberi, aiutò la sua conservazione pur non impedendo alla risicata popolazione locale, contro il pagamento di una tassa annuale, di ivi approvvigionarsi di legna, prodotti della terra, acqua ecc. Ma quando essa aumentò di numero e fu permesso di operare tagli di alberi per uso commerciale, la situazione cominciò a peggiorare e, anche per via del bracconaggio, intono al ventesimo secolo, quel bellissimo habitat cominciò ad essere in pericolo. Così, lo stato di Jaipur creò nel 1925 la Sovrintendenza delle foreste e nel 1939 una legge per la loro conservazione, inclusa la zona di Rathambore.

Nel 1953 fu emanata la legge statale per la protezione delle foreste che diede ad esse maggiore protezione giuridica fino a che nel 1955 la zona di Rathambore venne dichiarata Santuario di Sawai Madhopur. Ma la caccia legale continuò fino al 1973 quando il Progetto Tigre avviato dal Governo indiano e dal WWF cominciò un piano per ripopolare di tigri la zona. A quel tempo c’erano 16 villaggi all’interno del santuario ma, tra il 1976 e il 1979, 12 di questi villaggi furono spostati al di fuori del santuario e finalmente nel 1980 Rathambore divenne Parco Nazionale poi ampliato nel 1981 con l’annessione di altri territori, il Sawai Man Singh (130 kmq)e il Keladevi (647 kmq). Ma il bracconaggio non si fermò e quando, nei primi anni ’90, toccò livelli insopportabili, le autorità forestali diventarono rigorose e la popolazione delle tigri cominciò di nuovo a crescere. Nel 2001 si contavano circa 40 esemplari, più o meno 10 tigri per 100 km quadrati, a quel tempo uno dei più alti al mondo. Tra il 2003 e il 2004, la domanda di pelle di tigre da parte di Cina e Tibet incentivò ancora il bracconaggio. Nel 2005, quando a Rathambore vivevano 26 tigri (nel 1982 se ne registrarono invece 44), le autorità riuscirono ad arrestare parte dei bracconieri e da allora questa pratica non fu più una grave minaccia per le tigri che poterono figliare e crescere i loro cuccioli. Secondo fonti non governative, nel 2008 si contarono nel Parco 34 tigri e più di 14 cuccioli. Ogni tigre qui è individuata da un numero e vanta una propria storia oltre ad essere spesso protagonista di premiati documentari. Dentro il Parco c’è anche una maestosa fortezza del 10° secolo che si trova a 700 metri sopra la pianura circostante e al cui interno ci sono templi dei 12° e 13° secolo dedicati a Ganesh, Shiva e Ramlalaji, oltre ad un tempio Jainista. Pare che non sia così difficile avvistare le tigri mentre si godono l’ombra di qualche albero, si abbeverano ai laghi del Parco o mentre attraversano la strada. In ogni caso, secondo me, già condividere quegli stessi spazi e quello stesso respiro non è cosa da poco. Anche questa è India.

fonti testo

www.ranthambhore.com/ranthambhore-national-park/ranthambhore-history

www.wwfindia.org/about_wwf/critical_regions/national_parks_tiger_reserves/ranthambore_tiger_reserve

http://en.wikipedia.org/wiki/Ranthambore_National_Park

foto fonte: wwf

Vaisakhi. Facciamo festa.

Oggi, 14 di aprile, al mio Paese, nell’India settentrionale, festeggiamo, come tutti gli anni in questo giorno, la Vaisakhi chiamata anche Baisakhi, Vaishakhi o Vasakhi. E’ una festa celebrata da noi sikh ma anche dagli induisti e dai buddisti anche se per ragioni differenti. Per gli induisti è l’inizio del nuovo anno, ed è celebrato con bagni, feste e adorazioni. Ai buddisti ricorda la nascita, il risveglio e il passaggio alla via illuminata del Buddha nato come principe Siddharta. Per il sikkismo è particolarmente importante perché commemora il giorno in cui, nell’anno 1699, il decimo Guru Sikh, Gobind Singh, ha istituito il Khalsa Panth, cioè l’ordine dei Puri, che detiene il potere temporale (civile, militare, esecutivo) nella comunità Sikh ed ha attribuito il potere spirituale non più ad una persona, come era avvenuto sino ad allora, ma ad un libro il Guru Granth Sahib.  In Punjab (qui la festa si chiama visākhī), la regione del nord India maggiormente abitata da noi sikh,  è quindi  tutta una grande festa. I fulcri religiosi più fervidi di questa festa sono il Talwandi Sabo, il luogo dove il Guru ha vissuto nove mesi completando la scritturazione del Guru Granth Sahib, il nostro libro sacro, il  Gurudwara (tempio) di Anandpur Sahib, cioè il luogo di nascita del Khalsa e il Tempio d’Oro di Amritsar. In realtà, ovunque ci sia un gurudwara, c’è stata una grande folla per pregare e leggere Gurbani, i precetti del libro, cantare kirtan e fare il bagno nella piscina del tempio.  Questa festa è anche l’occasione, per  gli agricoltori, di  ringraziare Dio di aver avuto un buon raccolto e pregare che il successivo sia altrettanto prospero; la sera quindi la gente si è divertita eseguendo la Bhangra, una danza che racconta la storia di tutto il processo agricolo, dalla lavorazione del terreno, alla semina, alla raccolta.  La regione da cui provengo, il Punjab, il cui nome significa “terra dei cinque fiumi” è chiamata “granaio dell’India” perché i prodotti derivati dalla sua fertile terra (riso, mais, grano…) approvvigionano tutta l’india, prevalentemente arida, e costituiscono la prima risorsa del Punjab. Potete quindi comprendere l’importanza di una buona riuscita del seminato. In ogni villaggio la festa va avanti con coloratissimi mercati, abili giocolieri, e avvincenti partite di Kabaddi (cfr. post “kabaddi” su questo blog).

Il giorno di visākhī tutti gli Indiani commemorano anche il massacro di Amritsar avvenuto in questo giorno nel 1919. In quel giorno migliaia di indiani si trovavano al Jalianwalla Bagh, un parco nel cuore della città di Amritsar (cinto da mura con una stretta apertura di ingresso) proprio per celebrare il Baisakhi. Questo andava contro la legge marziale istituita dagli inglesi che vietava le riunioni di cinque o più persone in città. Quella legge marziale derivava da un periodo di grande tensione tra gli indiani e gli inglesi e seguì ad una serie di forti proteste in piazza guidate dal Partito del Congresso contro la legge che consentiva incarcerazioni arbitrarie di dissidenti senza alcun processo (Rowlatt Act); inoltre gli indiani erano sempre più avviliti per il fatto che dai loro sacrifici nella prima guerra mondiale non fosse derivato alcun riconoscimento. Era il periodo del messaggio gandiano della non violenza eppure spesso manifestazioni iniziate pacificamente diventavano feroci battaglie civili e questo portò il governatore inglese del Punjab Michael O’Dywer a dichiarare appunto la Legge marziale.

Ebbene, il 13 aprile 1919 un mezzo blindato marciò verso il parco  Jalianwalla Bagh di Amritsar  e i soldati, comandati dal generale O’Dywer, senza preavviso  fecero fuoco sulla folla che tentò di scappare gettandosi dai muri di cinta del parco e in un pozzo attiguo per evitare i proiettili. Ci furono 1516 tra morti (almeno 379) e feriti con 1650 proiettili sparati e senza alcun atto di soccorso da parte degli inglesi. Nei due mesi seguenti vennero fatte altre dure leggi marziali e perpetrate violenze contro gli indiani in tutto il Punjab. Persino il film Gandhi rappresenta questo fatto. O’Dywer non fu mai giustiziato, solo si dimise. Però nel 1940, ventuno anni dopo, fu assassinato per mano di Udham Singh, un attivista per l’indipendenza indiana, che volle vendicare il massacro cui lui assistette mentre stava offrendo acqua alla gente che era nel parco. Durante una riunione congiunta dell’Associazione delle Indie Orientali e della Società dell’Asia centrale a Caxton Hall, Londra, egli nascose una pistola dentro un libro appositamente tagliato per contenerla, entrò nella sala e sparò a O’Dywer che morì sul colpo. Udham venne arrestato, giudicato e impiccato. Quando il giudice gli chiese il suo nome egli rispose “sono Ram Singh Mohammad Azad” cioè il nuovo nome che si era dato, già prima di questo fatto, per dimostrare l’importanza di trascendere le divisioni di razza, casta, credo e religione, in nome dell’unità e indipendenza indiana. Infatti “Ram” è un nome indù, “Mohammad”  un nome musulmano e “Singh” un nome sikh. “Azad” significa essere liberi. Ma questa è un’altra storia.

 

 

Testo by Passoinindia con l’ausilio di fonti Wikipedia e dei miei ricordi.

Una persona, un voto. India, elezioni 2014.

 

In India, che è una Repubblica federale parlamentare, si sta votando per eleggere i membri del 16° Lok Sabha (Camera del Popolo) ovvero una delle due Camere che rappresentano il potere legislativo.

Questa camera, secondo la Costituzione indiana del 1950 (la più lunga mai scritta) può essere composta da un massimo di 552 membri (attualmente di 543 elettivi e 2 di diritto) e dura in carica 5 anni per essere poi sciolta automaticamente, salvo proroga di un anno in casi di emergenza. Queste elezioni, in un paese delle dimensioni e la complessità dell’India, sono una questione enorme da gestire ed è impensabile che possa essere svolta in pochi giorni. Ed infatti le operazioni di voto si svolgono in nove giorni (non consecutivi) e durano dal 7 aprile al 12 Maggio 2014 e le date sono state fissate tenendo conto delle varie festività, del periodo del raccolto, delle scadenze scolastiche e anche delle condizioni atmosferiche (a maggio inoltrato iniziano i monsoni ed aumenta il caldo). L’esito si avrà il 16 maggio quando verrà dichiarato il risultato elettorale, prima che il 15° Lok Sabha completi il suo mandato costituzionale il 31 maggio 2014.

I numeri sono pazzeschi:

  • su un totale di 1,2 miliardi di abitanti (Unione europea + Stati Uniti!) sono poco più di 850 milioni le persone che hanno diritto di voto (426.600.000 sono uomini e 387.900.000 sono donne, circa 28.314 sono i transessuali identificati sessualmente come “altro” rispetto agli altri comuni due sessi e 11.844 gli indiani non residenti iscritti negli elenchi elettorali). 

  • 930.000 sono i seggi elettorali che riguarderanno tutti i 543 collegi elettorali su 35 tra Stati ed enti territoriali

  • quasi 4 milioni gli incaricati degli staff che ne gestiscono il funzionamento oltre alle forze militari e di polizia e a personale apposito che controlla che non avvengano trattative illegali di voto (un voto contro denaro, alcool, farmaci), cosa tutt’altro che infrequente.

    La Commissione elettorale dell’India che organizza le elezioni stima che esse costeranno all’erario Rs 35 miliardi, escluse le spese sostenute per la sicurezza e quelle dei singoli partiti politici (che comunque possono spendere fino ad un massimo stabilito), il che le rende le più costose nella storia indiana. Nella elezione precedente si è speso tre volte meno. L’impegno economico per questo round 2014 è il secondo più alto al mondo dopo i 7 miliardi di dollari spesi per le elezioni del 2012 negli Stati Uniti.

Ecco alcune informazioni:

  • In India ci sono 6 partiti nazionali e ben 50 partiti regionali. Questi ultimi controllano cinque dei principali stati indiani – Uttar Pradesh, Bihar, Bengala occidentale, Tamil Nadu e Odisha –, che corrispondono a più di 200 seggi nel Lok Sabha, e probabilmente saranno determinanti per formare la coalizione di governo con il Bjp o il partito del Congress. Ma i programmi e le tendenze di queste forze politiche locali sono molto diverse tra loro e rendono quindi difficile prevedere la linea politica del nuovo governo (dal 1989 nessun partito ha mai ottenuto una maggioranza sufficiente a governare senza formare una coalizione). (fonte:http://www.internazionale.it/news/india/2014/04/07/in-india-sono-cominciate-le-elezioni-per-il-rinnovo-del-parlamento/).

  • I Partiti federali sono (fonte wikipedia):

Congresso Nazionale Indiano (INC), socialdemocratico;

Partito Popolare Indiano (Bharatiya Janata Party BJP), nazionalconservatore;

Partito della Società Maggioritaria (Bahujan Samaj Party, BSP), populistasocialista;

Partito Comunista d’India (marxista-leninista) Liberation, comunista

Partito del Congresso Nazionalista (NCP), populisticentristi;

Partito Socialista (Samajwadi Party, SP), socialista;

Partito Popolare Nazionale (Rashtriya Janata Dal, RJD);

Partito Comunista d’India (CPI), comunista;

Partito Comunista d’India (Marxista) CPI(M)), comunista.

  • In Parlamento attualmente sono rappresentati 39 partiti.

  • Non è prevista la possibilità per gli indiani fuori patria di votare dall’estero.

  • La Costituzione indiana prevede che gli elettori non devono viaggiare più di 2 km (1,2 miglia) dalle loro case per andare a votare.

  • Per la prima volta, gli elettori che non vogliono dare il loro voto a nessun partito hanno la possibilità di recarsi comunque al voto e far valere questa scelta.

  • Si volta con scheda elettronica utilizzando 1,4 milioni di apparecchi (già si fece dal 2004); l’elettore in pratica, all’interno del vano di voto, schiaccia un pulsante per dare la sua opzione e non è possibile votare più di una volta, premendo ripetutamente il pulsante. A pulsante premuto, il voto viene registrato per quel particolare candidato e la macchina viene bloccata. Questo sistema garantisce per “una persona, un voto”. Poi viene stampata una scheda cartacea con un numero di serie, il nome, il simbolo del partito del candidato. Le stampe verranno in seguito confrontate con i dati di voto memorizzati elettronicamente, per verificare che i conti tornino. Il principio di “una persona, un voto” è anche garantito dall’uso dell’inchiostro indelebile sul dito del votante.

  • La Commissione elettorale dell’India utilizza, durante le elezioni, un sistema di comunicazione con SMS che raggiungono i vari funzionari del governo nel turno elettorale per smistare informazioni sugli eventi in programma, sull’affluenza alle urne, sugli exit poll, ecc.

  • L’ altra Camera del bicameralismo indiano è il Rajya Sabha o Consiglio degli Stati che dura in carica sei anni, non è passibile di scioglimento e può avere fino a 250 membri di cui 12 scelti dal Presidente per la loro competenza in settori specifici dell’arte, della letteratura, della scienza e dei servizi sociali. Il resto della camera è eletto indirettamente dalle legislature statali e territoriali in proporzione alla popolazione.

(Fonte foto Hindustan Times)