Cuccette per signora.

Akhila, indiana, ha quarantacinque anni, è nubile e senza figli. Akhila, una vita tranquilla, senza grandi balzi, ha una grande voglia di fare esperienze e così, un giorno, prende con sé i suoi coloratissimi sari e lascia Bangalore per salire su un treno e raggiungere, sola andata, un paese di mare. Nello scompartimento riservato alle signore (fino agli inizi del 1998, infatti, sui treni notturni vi erano scompartimenti di seconda classe a loro riservate), in quel viaggio notturno, si intrecciano i racconti di vita di Akhila e delle sei donne che vi incontra. Così Anita Nair, la scrittrice di CUCCETTE PER SIGNORA, espone, attraverso le esperienze dei suoi personaggi, la condizione femminile nell’India di oggi, i sogni delle donne, le loro aspirazioni troppo spesso limitate dalle strette tradizioni e dagli inflessibili dogmi culturali e religiosi. In quel tratto di strada insieme, ognuna di loro si spoglia del proprio ruolo scelto per lei dalla famiglia e tira fuori se stessa senza correre, finalmente, il rischio di essere per questo emarginata, criticata, additata. E’ un viaggio che porta fino alla consapevolezza di una educazione patriarcale indiscussa che ha unilateralmente deciso le sorti delle donne e che adesso vorrebbe trasformarsi nella capacità di trovare un nuovo ruolo, una collocazione sociale che ne riconosca intelligenza, sensibilità ed istruzione. Il romanzo è stato scritto nel 2001, edito da Neri Pozza. Buona lettura.

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La grande festa delle luci (Diwali).

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Deepawali, chiamata più comunemente Diwali, è una grande e luminosa festività indiana che si festeggia, in genere, tra ottobre e novembre. Il suo nome in sanscrito significa “fila di luci”. Questa festa simboleggia l’antica cultura indiana che insegna a sconfiggere l’ignoranza che sottomette l’umanità e a scacciare l’oscurità che avvolge la luce della conoscenza. In ogni leggenda, mito e storia Deepawali si trova il significato della vittoria del bene sul male e, con questo intento, le Dyias (piccole lampade di argilla) illuminano tutte le case, dentro e fuori. Infatti, la luce rende capace di buone azioni e, quindi, avvicina alla divinità. Durante il Diwali, le luci che illuminano ogni angolo dell’India, l’incenso che satura l’aria con il suo profumo, i fuochi di artificio che brillano e i petardi che scoppiano, sono tutti segno di obbedienza al cielo, al fine di ricevere prosperità, salute, ricchezza, conoscenza, pace.
Secondo la mitologia indu del grande poema epico 
Ramayana, il Diwali commemora il ritorno a Ayodhya del Re Rama, insieme a Sita, sua moglie, già rapita da Ravana, e Lakshmana, suo fratello, dopo 14 anni di esilio e dopo la sua vittoria sul demone Ravana, re dello Sri Lanka (vedi su questo blog “Dussehra”). Il popolo della città, al ritorno del re, accese file (avali) di lampade (dipa) in suo onore.
Il giorno del Diwali viene celebrato non solo in India ma anche in Sri Lanka, Nepal, Myanmar, Mauritius, Guyana, Trinidad & Tobago, Suriname, Malaysia, Singapore, Fiji etc., anche se con modalità diverse. Per gli induisti rappresenta una sorta di capodanno ovvero l’inizio di un nuovo anno durante il quale essi si profondono in azioni di devozione e preghiere alla dea 
Lakshmi, la consorte celeste di Vishnu. Si dice che nei tempi antichi fosse una festa per il raccolto. La festa nazionale vera e propria del Diwali avviene in un solo giorno e tutto il Paese è illuminato e festeggiano anche i sikh e i gianisti (per questi ultimi il Diwalii rapresenta il primo giorno dell’anno); nel giorno del Diwali tutti gli Uffici sono chiusi, trattandosi di festa nazionale. Nella tradizione induista, il Diwali si festeggia per cinque giorni consecutivi, ognuno dei quali rappresenta una storia divina, una leggenda o un mito.
1° giorno: Dhanteras. Il primo giorno è chiamato Dhanteras o Dhantrayodashi che cade il tredicesimo giorno del mese di Kartik. La parola “Dhan” significa ricchezza e per questo ha una grande importanza per la ricca comunità mercantile dell’India occidentale. I pavimenti delle case e dei locali commerciali vengono decorati con beneauguranti disegni tradizionali Rangoli (fatti con pietre, fiori, polveri, farine o altro) per accogliere la dea della ricchezza e della prosperità. Le lampade sono tenute accese tutta la notte. E’ di buon auspicio comprare in questo giorno monili in oro o d’argento o almeno un nuovo utensile. Alla sera si accendono i piccoli Dyias di argilla, si fa la puja (la preghiera) a Lakshmi per scacciare gli spiriti maligni, si cantano inni religiosi e si preparano i dolci tradizonali (Naivedya) da offrire alla dea prima di mangiarli. Nei villaggi, è usanza venerare i vitellini in quanto, per gli agricoltori, sono la principale forma di reddito. Nel Sud, le vacche vengono venerate ed adornate perché ritenute l’incarnazione della Dea Lakshmi. La leggenda racconta del figlio sedicenne del re Hima il cui oroscopo ne previde la morte a causa di un morso di serpente, al quarto giorno del suo matrimonio. Quel giorno, la giovane moglie non gli permise di dormire. Fece un mucchio con tutti gli ornamenti e, aggiunto un sacco di monete d’oro e d’argento, li posò davanti alla camera del marito; poi, accese tante lampade e cominciò a cantare. Quando Yama, il dio della morte, arrivò sotto le spoglie di un serpente i suoi occhi vennero improvvisamente accecati dal bagliore di quelle luci brillanti, così da non riuscire ad entrare in camera del principe. Quindi, salì in cima al mucchio degli ornamenti e delle monete e si sedette lì tutta la notte ad ascoltare i canti melodiosi della donna. La mattina dopo se ne andò in silenzio. Così, la giovane moglie salvò il marito dalle grinfie della morte. Da allora, questo giorno di Dhanteras è conosciuto come il giorno della Yamadeepdaan e le lampade sono tenuta accese per tutta la notte in adorazione reverenziale di Yama, il dio della morte.
2° giorno: Nakra-Chaturdashi. Il secondo giorno si chiama Nakra-Chaturdashi o Choti Diwali e cade il quattordicesimo giorno del mese di Kartik. In questo giorno, Krishna ritorna da Pragyotishpur (Nepal), alla fine di un vaggio in cui ha ucciso il re demone Narakasur, liberato 16.000 figlie degli dei nell’ harem del re e recuperato i magnifici orecchini della dea Aditi. Per dimostrare di aver ucciso il demone, Krishna tornò a casa con il sangue del re spalmato sulla fronte. Nel Diwali, per purificare il sangue e lavare Krishna, le donne gli fanno il bagno in oli profumati. Da allora, l’abitudine di fare il bagno prima dell’alba è una tradizione in varie parti dell’India. Nel sud dell’India, per celebrare la vittoria di Krishna, alcuni credenti, davanti alla porta delle loro case, rompono dei meloni che rappresentano la testa del re demone. Dopo aver infranto il melone, la gente si fa in fronte una striscia con una miscela di curcuma e olio, che rappresenta il sangue di Krishna. Poi, è d’uso fare un bagno d’olio con sesamo, semi di cumino e pepe. Nel Maharashtra inoltre, sono usuali i bagni con olio e “Uptan” di farina di ceci e polveri profumate.
Un’altra storia racconta del re 
Bali, così potente da costitutire una minaccia per gli dei. Così Vishnu, sotto le sembianze di un bambino (batu Waman), lo pregò di dargli tanta terra che potesse coprire con tre dei suoi passi. Il re esaudì il suo desiderio. Vishnu riprese le sue vere sembianze e, con il suo primo passo, coprì il cielo intero, con il secondo, coprì la terra. Prima di fare il terzo passo, Vishnu chiese a Bali dove avrebbe dovuto fare il suo terzo passo. Bali offrì la sua testa. Mettendo il piede sulla sua testa, Vishnu lo spinse quindi verso il mondo sotto la terra. Allo stesso tempo, per la sua generosità, il Signore Vishnu gli diede la lampada della conoscenza e gli permise di tornare sulla terra una volta all’anno con milioni di lampade per dissipare le tenebre e l’ignoranza e diffondere lo splendore dell’amore e della saggezza. Per questo, il secondo giorno del Diwali si onora la credenza che la luce delle lampade allontani l’ignoranza e diffonda la radiosità dell’amore e della saggezza.
3° giorno: Lakshmi Puja. Il terzo giorno della festa di Diwali è interamente dedicato alla propiziazione della dea Lakshmi. Questo giorno è conosciuto anche con il nome di Puja Chopada. Il giorno della Lakshmi Puja cade in una notte oscura senza luna (Amavasya). I suoni gioiosi di campane e tamburi fluttuano dai templi dove l’uomo sta invocando la dea Lakshmi. Così l’oscurità impenetrabile viene trafitta da innumerevoli raggi di luce e con una fiammata di luce Lakshmi discende sulla terra in tutta la sua gloria celeste in mezzo al canto di inni vedici. La luce sublime della conoscenza sull’umanità e la devozione degli uomini vincono l’ignoranza. Per questo le luci illuminano i palazzi dei ricchi e le dimore dei poveri. Si ritiene che in questo giorno Lakshmi passeggi attraverso i campi verdi e rilasci benedizioni di abbondanza e prosperità. Quando il sole tramonta e il culto cerimoniale è finito, tutti i dolci fatti in casa vengono offerti alla dea. Si fa festa, ci si scambia regali, e, elegantemente vestiti, si va al templio e a visitare amici e parenti. Una delle usanze più curiose di questo Diwali è il gioco d’azzardo su larga scala soprattutto nel nord dell’India. Si ritiene che in questo giorno la dea Parvati giochi a dadi con il marito, Shiva, decretando che chiunque scommetta durante questo giorno abbia prosperità e ricchezza tutto l’anno.
Un’altra storia molto interessante del Diwali viene dal Kathopanisad. E’ la storia di un ragazzino chiamato 
Nichiketa il quale credeva che Yama, il dio della morte, fosse nero come la notte oscura di Amavasya. Ma quando lo incontrò di persona rimase perplesso nel vedere il volto calmo di Yama e la sua statura dignitosa. In questo giorno di Diwali, Yama spiegò a Nichiketa, che, solo passando attraverso il buio della morte, l’uomo vede la luce della più alta saggezza. Solo allora la sua anima può fuggire dalla schiavitù del suo corpo mortale e mescolarsi con il Potere Supremo. Fu così che Nichiketa capì l’importanza della vita mondana e il significato della morte e da quel momento partecipò alle celebrazioni Diwali.
4° giorno: Padwa o Varshapratipada. E’ il quarto giorno che segna l’incoronazione del re Vikramaditya, ed è l’inizio del Vikram-Samvat (è il calendario stabilito dall’imperatore indiano Vikramaditya ed è il calendario ufficiale del Nepal). In questo giorno, al Nord, si fa anche la Govardhan-Puja (detta anche Annakut). Secondo la storia scritta nel Vishnu-Purana (libro sacro Indu), il popolo di Gokul (un luogo nel Nord India), dopo la fine di ogni stagione dei monsoni, usava celebrare una festa in onore del Dio Indra (Dio della pioggia). Tuttavia, il giovane Krishna li fermò dicendo loro che, invece di adorare Indra, avrebbero dovuto pregare per la natura, considerato che la pioggia è un dono delle montagne; questo fece arrabbiare Indra che rispose coprendo d’acqua tutta Gokul. Krishna salvò Gokul sollevando la montagna Govardhan, tenendogliela sopra come un ombrello. Per commemorare questo giorno, la gente del Punjab, Haryana, Uttar Pradesh e Bihar costruiscono piccoli mucchi di sterco di vacca e li decorano con fiori per adorarli. In questo giorno, nei templi di Mathura e Nathadwara, si usa fare bagni di latte alle divinità che anche vengono vestite di abiti luccicanti e decorate con diamanti, perle, rubini e altre pietre preziose. Dopo le preghiere, vengono offerti agli dei tanti tipi di dolci deliziosi cerimoniosamente fatti a forma di montagna (Annakoot). Solo dopo questa offerta, i devoti possono ricevere il prasad dal bhog (il prasad è un alimento – frutta, dolce o altro da mangiare che viene offerto prima alla divinità – bhog – e poi consumata dai fedeli). La Dea Lakshmi viene adorata in ogni casa indù e la sua benedizione porterà successo e felicità. Questo giorno è considerato come il giorno più propizio per avviare una nuova impresa. In molte case indù è consuetudine che la moglie metta il tilak rosso sulla fronte di suo marito, una ghirlanda al suo collo e faccia la sua Aarthi (rituale durante il quale la luce emessa da una fiamma di canfora viene offerta alla Divinità) con una preghiera di lunga vita. La moglie riceve poi dal marito un regalo costoso in segno di apprezzamento di tutte le tenere cure ricevute. Questo Padwa Gudi è simbolo di amore e devozione tra moglie e marito. In questo giorno le coppie appena sposate vengono invitate a pranzo o a cena e ricevono regali.
5° giorno: Bhayya-Duj. Il quinto e ultimo giorno di Diwali è conosciuto come Bhayya-Duj. E’ noto anche in hindi come Bhav-Bij e in Marathi e nepalese come Bhai Tika. La leggenda dice che, in questo giorno di Diwali, Yama, il Dio della Morte, andò a trovare sua sorella Yami che gli mise il tilak di buon auspicio sulla fronte e lo nutrì con piatti speciali. Insieme mangiarono dolci, parlarono e si divertirono. Quando si lasciarono si scambiarono regali speciali e quel giorno Yama annunciò che, chiunque ricevesse tilak da sua sorella, non sarebbe mai stato rifiutato. Ecco perchè questo giorno di Bhayyaduj è conosciuto anche con il nome di Yama Dwitiya ed è simbolo di amore tra fratelli e sorelle. Il fratello deve andare a trovare sua sorella per festeggiare il Bhayyaduj.

I sikh festeggiano il Diwali per ricordare il giorno in cui il sesto Guru Har Gobind ritornò nella città santa di Amritsar dopo aver lasciato la prigione in Gwalior liberando e stesso e alcuni re indu tenuti prigionieri dall’imperatore musulmano Jahangir (imperatore moghul, padre di Shah Jahan, colui che ha fatto costruire il Taj Mahal). Il Guru era stato imprigionato dal re moghul intollerante alla crescita del sikkismo.
Nel tempio più important per i sikh, il Golden Temple di Amritsar, si da lettura dei grande Libro sacro 
Guru Grant Sahib e alla sera tutta la zona del tempio è fortemente illuminata dalle piccole luci che decorano la struttura e dai lampi dei bellissimi fuochi d’artificio. I giainisti celebrano la festa perché nel giorno del Diwalii Mahavira, il 24 Tirthankara (importante figura spirituale), ha raggiunto la liberazione (moksha o nirvana) a Pavapuri il 15 ottobre, 527 a.c.

Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama è stato il primo Presidente della storia a festeggiare il Diwalii nella Casa Bianca nell’anno 2009.

http://www.whitehouse.gov/blog/2011/10/26/diwali-white-house

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foto:

http://www.freeinternetpictures.com/happy-diwali-shayari.html

http://www.jana.com

La scoperta del mare.

Solo quando sono arrivato in Italia ho visto il mare, dall’alto, da quel volo che mi avrebbe portato sin qui. Le cartoline e le immagini non rendono la bellezza della grande distesa di acqua azzurra che è il vostro mare, ora un po’ anche mio. La prima volta che mi immersi nell’acqua fu qui, in una delle piscine sportive di questo Paese, retto da una serie di aggeggi adatti a farmi stare a galla. Ma poiché credo che le opportunità vadano colte, decisi che avrei imparato a nuotare. In cinque abluzioni sono riuscito a galleggiare e a domare quello strano disagio procurato da ciò che non si conosce. Proteggevo i miei capelli con una cuffia gommata e i miei occhi con un paio di buffi occhialetti che non avevo mai indossato prima. In fondo, ero come un bambino perché tutti torniamo piccoli davanti a ciò che, di nuovo, ci colpisce piacevolmente. Cosi, arrivata l’estate, mi sono avvicinato al mare, deciso a rifuggire da ogni paura e titubanza. Certo, quelle onde lunghe e regolari che spingono e risucchiano erano un fenomeno nuovo che la piscina non mi aveva mostrato. Così, nella sabbia degradante della battigia, mossi i primi passi verso l’acqua. La sensazione dei piccoli granelli che grattavano i piedi e la schiuma che massaggiava le gambe erano una sensazione meravigliosa e quando entrai in acqua, prudentemente, diventai come una bolla di sapone, leggera e fluttuante, in balia delle onde, mentre, con tutto l’impegno, muovevo le membra. Poi, ragionai che siamo fatti di acqua, mi diedi una calmata e cominciai a rilassarmi. Restava il problema di come uscirne ma lo spirito di imitazione, guardando gli altri, mi avrebbe aiutato. Nel mare, i miei occhialini diventavano la lente di ingrandimento per ammirare tutta la vita che c’è là sotto, i pesci, le piante, persino gli scogli e pensai di aver avuto una bella opportunità.

Eppure anche la mia India ha le sue belle spiagge, come quelle del Kerala, nel Sud, bianchissime, bagnate da acqua cristallina e protette da verdissima vegetazione di palme da cocco, resa ancora più lussureggiante dalle backwaters, la miriade di lagune che, per una lunghezza di 60 Km, ospitano mangrovie e foreste pluviali. Oppure quelle di Goa, uno dei 34 hotspot di biodiversità della Terra o delle Laccadive e delle Andamane, con i loro magnifici atolli corallini, ancora poco conosciute dal turismo di massa. In ogni caso, non mi sono mai spinto sin laggiù con l’idea di vivere il mare come lo faccio adesso.

Quindi, fatto il grande passo, ammirai l’azzurro che il mare mutuava dal cielo, misurando la linea in cui questi si toccano ed osservavo quei grandi yacht cavalcare quella infinita tavola di sale, chiedendomi se anche loro fossero felici come me. Osservai come i piccoli pezzi di stoffa indossati dalle belle donne italiane rivelassero una profonda differenza culturale rispetto a quella indiana dove, ancora, il sari entra in acqua con il corpo. Poi, mi accorsi che la spiaggia aveva altro da regalarmi, tutte quelli piccole pietre arrotondate, risultato di un lavoro costante e paziente della natura, qualche conchiglia qua e là, chissà perché abbandonata, e una miriade di piccole gemme multicolori, levigate dall’acqua, verdi, azzurre, bianche, marroni, un tempo piccoli frammenti di bottiglia, epilogo di una dispettosa serata tra ragazzi. Con cura, ancora oggi le cerco, le raccolgo e le osservo, ne ammiro le forme e le conservo in bottiglie di vetro che ne risaltano il colore, così la mia casa appare più bella ed il mare continua a raccontare la sua storia.

testo  e foto by PASSOININDIA

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La storia della regina Padmini di Chittor

Rani Padmani

Chittoarh Fort è la più grande fortezza in India ed è patrimonio dell’UNESCO. Il forte si trova a Chittor, antica capitale del Mewar, una regione del Rajastan. Questa fortezza ha visto il susseguirsi di una serie di dinastie che nel tempo dominarono la zona, fino a quando fu definitivamente abbandonato nel 1568. Si estende maestosamente su una collina  ed è costituito da palazzi storici, porte, templi e torri.

Ma c’è una storia che voglio raccontarvi su questo bel forte che ha come protagonista Padmini, che morì nel 1303 d.C., ed  era la Regina di Chittor e moglie del re rajput Rawal Ratan Singh nonché figlia di un re del tempo.  Suo padre organizzò la swayambar, una pratica di scelta del marito per Padmini tra un lista di pretendenti, usanza allora praticata; egli quindi invitò tutti i re e i Rajput indù per chiedere la sua mano. Il  Re Rawal Ratan Singh di Chittor, che già aveva una moglie, la regina Nagmati, si propose e riuscì a sposare Padmini, portandosi così via la ragazza a Chittor.

Siamo nel 12 ° secolo ed Delhi, oltre che gran parte dell’India era dominato dal Sultano, musulmano, Alauddin Khilji, che  stava crescendo in potenza. Egli venne a sapere della bellissima donna di Chittor. La lussuria di Alauddin lo portò quindi a partire con il suo esercito per marciare verso Chittor e prendere per il suo harem quella donna tanto bella. Ma il forte di Chittor era difeso. Nel disperato tentativo di posare lo sguardo sulla leggendaria bellezza di Padmini, mandò a dire al re Ratan Singh che egli considerava Padmini sua sorella e voleva incontrarla. Sentendo questo, il disperato Ratan Singh vide la possibilità di sfuggire alla furia dell’imperatore e conservare il suo regno. Perciò accettò di mostrare sua moglie all’imperatore, anche se un atto di questo tipo era altamente vergognoso e disonorevole. Rani Padmini, persuasa da suo marito, acconsentì a permettere ad Alauddin di vedere il suo riflesso nello specchio. Vedendo l’immagine di Padmini, Alauddin Khilji decise di avere Padmini solo per se stesso. Mentre tornava al suo campo, Alauddin venne accompagnato dal re Ratan Singh ma Alauddin Khilji approfittò per arrestarlo. I generali di Rathan Singh decisero di battere il Sultano al suo stesso gioco e gli dissero che gli avrebbero consegnato Padmini la mattina seguente. Il giorno dopo, alle prime luci dell’alba, centocinquanta palanchini (una seduta rivestita in stoffa pregiata protetta da tende sulla quale le signore reali si sedevano e venivano trasportate sulle spalle di quattro persone) lasciarono il forte e giunsero davanti alla tenda dove re Ratan Singh era tenuto prigioniero. Vedendo quei palanchini il re fu mortificato, ma con sua grande sorpresa dalle portantine uscirono i suoi soldati armati di tutto punto che rapidamente liberarono Ratan Singh che galoppò via verso Chittor sui cavalli presi dalle scuderie di Alauddin. Sentendo che i suoi progetti erano venuti meno, il sultano si infuriò e ordinò al suo esercito di prendere d’assalto Chittor. Alauddin attaccò il forte strenuamente protetto. L’assedio durò un anno. Poi, la resistenza scemò e Re Ratan Singh decise di aprire le porte per combattere fino alla morte con le truppe assedianti. Padmini ascoltò questa decisione, e poichè sapeva che la lotta sarebbe stata impari di fronte alla potenza militare del Sultano Alauddin a cui certamente avrebbero dovuto soccombere, riferì alle donne del forte. Esse decisero allora di suicidarsi  eseguendo la Jauhar. Così venne accesa un’ enorme pira e tutte le donne di Chittor saltarono dentro le sue fiamme dopo la loro regina,  privando quindi il nemico della loro disonorevole conquista. Morte le loro donne, gli uomini di Chittor non ebbero più alcuna ragione per cui vivere e decisero di morire combattendo. Ogni soldato si vestì con abiti Kesari e turbanti. Essi lottarono strenuamente con i soldati del sultano fino a quando tutti loro perirono. Le truppe del sultano entrarono  nella fortezza ma trovarono solo cenere e ossa bruciate.

Quelle donne sono ricordate ancora oggi attraverso canzoni e scritti che glorificano il loro atto.

Chittorgarh Forte