Vi porto in Sri Lanka, alla Sigiriya Rock

Lascio Dambulla e in poco tempo arrivo alla base della grande rocca, già visibile da molto lontano. Sono in Sri Lanka, in uno dei luoghi più visitati del Paese, dove turisti e ricercatori accorrono attratti da questa gigantesca rocca megalitica alta oltre 300 metri sulla pianura, costituita dal magma di un vulcano che non esiste più. E’ ormai certo che attorno alla rocca ci fossero insediamenti fin dalla preistoria e che nelle sue grotte trovassero rifugio monaci buddisti fin dal III secolo a.C., così come provano le iscrizioni in essere rinvenute. La zona boschiva circostante la rocca, che ne costituisce la parte fortificata, è ricca di giardini simmetrici rocciosi e acquatici, pressoché integri, con vasche e fontane ancora funzionanti.

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Mi accingo a salire la parete occidentale, tutti i 1600 gradini per raggiungere la cima piatta della rocca perché è lassù che si trova la cittadella di Sigiriya, il motivo di tutto questo mio ardore.

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A metà salita, a circa 100 metri dalla base della rocca, in una lunga galleria scavata nella roccia, davanti ai me i famosi 18 affreschi di Sigiriya raffiguranti le nude beltà di ninfe celesti e damigelle, creati durante il regno di Kasyapa che volle rappresentare così le sue mogli, concubine e sacerdotesse.

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Comprendo adesso la loro bellezza e importanza storica di ciò che rimane di centinaia di figure originarie. Pare infatti che i monaci che vissero in quelle grotte le abbiano cancellate perché ritenute una distrazione per la loro meditazione. Continuo la salita lungo il ‘Kedapath Pavura’, il Muro a Specchio costruito in mattoni e rifinito in stucco così lucido che lo stesso re vi si poteva specchiare.

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Sul muro sono incise molte scritte di un periodo compreso tra il 7 e l’ 11 ° secolo d.C.; sono storicamente importanti perché alcune sono opera di donne indigene e quindi preziosa testimonianza del processo di alfabetizzazione femminile di quel tempo. I versi incisi sono raffinati e raccontano anche che Sigiriya era destinazione turistica già più di mille anni fa. Qualcuno scrisse infatti di aver visto le bellezze sulla roccia e il grande leone di Sigiriya.

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Oggi, scrivere sul muro è ovviamente proibito. Vado avanti, sempre più incuriosito da ciò che troverò lassù. Finalmente arrivo all’ingresso della antica cittadella. Due enormi zampe di leone, splendide, accolgono i visitatori. Il termine Sigiriya deriva dalla parola Sihagri, cioè Lion Rock. Sono quello che resta di una gigantesca statua di un leone tra le cui fauci occorreva entrare per salire sulla sommità e che probabilmente costituiva, dei 5 accessi alla cittadella, proprio quello utilizzato dai reali.

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Tra le zampe del leone mi preparo alla seconda salita, tra antiche e nuove scale, arrampicate al granito, godendo nel frattempo di un panorama mozzafiato sulla valle. Col cuore in gola arrivo in cima, dove un tempo si trovava l’antica cittadella di Sigirya, voluta dal sadico re Kashyapa (477–495 d.C.) per difendersi dall’ira del fratello Moggallana, legittimo erede del trono che Kashyapa gli usurpò, dopo aver murato vivo il loro padre Dhatusena. Anni dopo il re si taglierà la gola dopo una disastrosa battaglia con Moggallana tornato dall’esilio in India, che quindi restituirà Sigiriya ai monaci buddisti; Sigirya resterà un monastero fino al 14° secolo, poi abbandonato e scoperto nuovamente dagli inglesi. Alcuni storici ravvisano il motivo della costruzione di Sigiriya, in un luogo così impervio, nel desiderio del re di essere il più possibile vicino al cielo, in emulazione delle divinità, così come era tradizione di quel tempo.

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Oggi di Sigiriya, l’antica capitale del regno di Kashyapa, rimangono solo resti ma non è difficile immaginare la sua forma originaria e la sua estrema bellezza.

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Le fondamenta del palazzo reale che doveva essere stupendo sono ancora visibili; i magnifici giardini terrazzati e le grandi piscine delle quali la più grande fu realizzata tagliando la roccia! Sigiriya è ancora oggi testimonianza di una perfetta combinazione di tecniche costruttive, idrauliche, urbanistiche ed artistiche molto avanzate per quel tempo. L’Unesco la rese patrimonio dell’umanità nel 1982.Mi guardo intorno e immagino… immagino. Peccato dover tornare indietro. 

testo by PASSOININDIA

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Il regno delle donne

Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

passoinIndia

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Il regno delle donne 

C’è un regno tutto tuo
che abito la notte
e le donne che stanno lì con te
son tante, amica mia,
sono enigmi di dolore
che noi uomini non scioglieremo mai.
Come bruciano le lacrime
come sembrano infinite
nessuno vede le ferite
che portate dentro voi.
Nella pioggia di Dio
qualche volta si annega
ma si puliscono i ricordi
prima che sia troppo tardi.

Guarda il sole quando scende
ed accende d’oro e porpora il mare
lo splendore è in voi
non svanisce mai
perché sapete che può ritornare il sole.
E se passa il temporale
siete giunchi ed il vento vi piega
ancor più forti voi delle querce e poi
anche il male non può farvi del male.

Una stampella d’oro
per arrivare al cielo
le donne inseguono l’amore.
Qualche volta, amica mia,
ti sembra quasi di volare
ma gli uomini non sono angeli.
Voi…

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Happy Gurpurab, Guru Nanak

passoinIndia

Oggi, 17 novembre, la comunità SIKH, stanziata in tutto il mondo, festeggia il compleanno del suo primo guru (in sanscrito significa “discepolo” o “allievo” e in lingua punjabi vuol dire “rivelatore”, “profeta”),GURU NANAK.

NANAK nasce, nel 1469, a Tolevandi (ora Nankana Sahib), vicino a Lahore (che dal 1947, anno della spartizione inglese, appartiene al Punjab pakistano).

Guru Nanak è il fondatore del Sikhismo, religione nata alla fine del XV secolo nel Punjab indiano. Nanak, di estrazione indu, sposato e con due figli, conoscitore anche del persiano e dell’arabo, dedica la sua vita alla diffusione del messaggio ricevuto da Dio e pertanto viaggia per 25 anni sino a raggiungere Tibet, Sri Lanka, La Mecca e Afghanistan, visitando la maggior parte di diversi centri di culto induisti, musulmani, gianisti e così via.

Nel 1496 Nanak, ottenuta l’illuminazione, comincia a predicare principi nuovi e rivoluzionari rispetto all’assetto sociale, culturale e…

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India, come si lavora nelle piantagioni di tè

Un interessante post per capire cosa c’è dietro ad un buon té…

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Ogni tanto la stampa inglese pubblica reportage sulle difficili condizioni di vita dei lavoratori e soprattutto delle lavoratrici delle piantagioni di tè in India. “La storia amara dietro la bevanda nazionale inglese” titolava qualche mese fa un articolo della Bbc.

È un discorso che non si fa spesso. Di solito si parla del tè come una bevanda antica, affascinante, benefica… raramente si guarda chi sta dietro a tutto questo. Con Five O clock invece sto cercando i presentarvi anche l’altra “faccia” della medaglia. Di cercare le storie, i volti, le mani di chi lavora per garantire il meglio nelle nostre tazze. Quali sono le professioni di questo settore, cosa fanno e di che cosa si occupano.

Abbiamo conosciuto le vicende di Misty Peak Teas e la passione di Arlette Rohmer.

Con Nalin Modha, tea planter con decenni di esperienza in Darjeeling (India), ho invece scambiato due parole…

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Cure di bellezza con le spezie.

Le spezie, tradizionalmente utilizzate nella cucina indiana, possono diventare un prodotto di bellezza naturale. Oggi sono facili da trovare. Ecco alcune preparazioni.

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CURCUMA. Previene le rughe perché questa spezia è piena di antibiotici e sostanze anti-invecchiamento ed ha proprietà antisettiche. Se applicata sulla pelle ne migliora anche il colorito. Mettere in una ciotola della curcuma in polvere, aggiungere un cucchiaio di miele e mescolare finché il tutto diventa una pasta spessa. Applicare su viso, braccia, gambe con un pennello o con le dita e lasciare riposare per 15-20 minuti prima di lavare con acqua fredda.

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ZENZERO. Aiuta a combattere le macchie della pelle e quindi a ringiovanirla e a migliorare la carnagione. Grattare dello zenzero in una ciotola, aggiungere un cucchiaio di miele e un cucchiaino di succo di limone; mescolare il tutto e applicarlo al viso facendo un bel massaggio. Dopo 5 minuti lavare con acqua tiepida.

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AGLIO. Aiuta ad avere splendidi capelli combattendo la loro fragilità. L’aglio contiene infatti vitamina C e aminoacidi che aiutano a rienergizzare i follicoli piliferi e a riparare i danni dei capelli favorendone la ricrescita. Prendere una manciata di spicchi d’ aglio ed immergerli in una ciotola con olio d’oliva lasciando a bagno nell’olio per una settimana. Dopo una settimana, rimuovere gli spicchi e utilizzare l’olio per i capelli. Scaldare l’olio per un paio di secondi e applicarlo sul cuoio capelluto con un massaggio. Tenere il composto sui capelli per circa 5-8 minuti e poi lavare con acqua tiepida.

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SEMI DI CORIANDOLO per avere occhi sani e lucenti. Tali semi contengono proprietà antibatteriche e antiossidanti che aiutano a ridurre il prurito e l’arrossamento degli occhi. Curano anche gli occhi stanchi e gonfi. Versare un cucchiaio di semi di coriandolo in un bicchiere d’acqua e lasciare tutta la notte in ammollo. La mattina seguente, usare l’acqua come collirio e pulire gli occhi con un asciugamano umido.

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CANNELLA. Aiuta a mantenere morbide le labbra; infatti tale spezia favorisce la circolazione del sangue, principale causa della secchiezza delle labbra. Rompere due grossi bastoncini di cannella finché diventa polvere che quindi va mescolata con burro di cacao o vaselina e applicata sulle labbra. Lasciare mezzo minuto e lavare con acqua tiepida.

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CHIODI DI GAROFANO. Schiariscono la pelle. Questa spezia contiene eugenolo ed ha proprietà antisettiche che curano la pelle, combattono i batteri e rimuovono le macchie. Schiacciare un paio di chiodi di garofano e versare la sua polvere in un piccolo contenitore. Aggiungere un cucchiaio di miele e un paio di gocce di succo di limone appena spremuto. Mescolare bene tutti gli ingredienti ed applicarli al viso. Lasciare agire per circa 5 minuti e poi lavare con acqua tiepida.

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PEPE NERO per sbarazzarsi di macchie e acne. Il pepe nero aiuta ad esfoliare la pelle, pulisce i pori e cancella l’acne, rimuovendo punti neri e batteri. Fare una pasta con un cucchiaino di pepe nero in polvere e yogurt fresco. Applicarla sopra i pori e l’acne con la punta delle dita. Dopo 10 minuti lavare con acqua fredda.

foto di copertina by PASSOININDIA

Tradotto da questo sito:

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Una storia popolare.

Una signora conosceva una storia. Sapeva anche una canzone. Ma lei li teneva per sé, mai aveva raccontato a qualcuno quella storia o cantato quella canzone. Imprigionate dentro di lei, la storia e la canzone si sentivano soffocare. Volevano essere liberate, volevano scappare. Un giorno, mentre la donna dormiva con la bocca aperta, la storia scappò, prese la forma di un paio di scarpe e si mise fuori dalla casa. Anche la canzone fuggì e diventò un cappotto da uomo, e si appese ad un gancio. Il marito della donna tornò a casa , guardò il cappotto e le scarpe, e le chiese: ” Chi è in visita da noi ? ”
“Nessuno”, disse la donna.” Ma di chi sono questo cappotto e queste scarpe? “Non lo so », rispose lei. Ma l’uomo non fu soddisfatto della risposta della moglie e divenne sospettoso. Parlarono tra loro con astio e litigarono. Il marito andò su tutte le furie, raccolse la coperta, e andò a dormire al tempio. La donna non capiva cosa stava succedendo e quella notte si sdraiò sola, chiedendosi di chi fossero cappotto e scarpe. Mise fuori la lampada e andò a dormire.
Tutte le fiamme della lampada della città, una volta messe fuori, si radunarono al tempio per trascorrere lì la notte e spettegolare. Solo una delle luci era arrivata in ritardo spiegando del litigio fino a tarda notte tra moglie e marito.” Perché litigano?” venne chiesto alla lampada. La luce disse:”Quando il marito non era in casa, un paio di scarpe arrivò sulla veranda e un cappotto di un uomo sull’attaccapanni. Il marito chiese alla donna di chi fossero ma lei disse di non saperlo. Così hanno litigato. “Da dove vengono il cappotto e le scarpe ?”. La fiamma rispose: “la padrona di casa nostra conosce una storia e una canzone. Ma mai ha raccontato la storia o cantato la canzone a qualcuno. La storia e la canzone erano soffocate dentro di lei, così sono uscite e si sono trasformate in un cappotto e un paio di scarpe. Si sono vendicate ma la donna non lo sa.”

Il marito , che si trovava a dormire nel tempio, udì la spiegazione della lampada che fugò tutti i suoi sospetti. Quando tornò a casa era ormai l’alba. Chiese alla moglie di raccontargli una storia e di cantargli una canzone. Ma lei li aveva dimenticati.

(storia popolare).

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(immagine dal web)

La grande festa delle luci. In India, il Diwali.

Deepawali, chiamata più comunemente Diwali, è una grande e luminosa festività indiana che si festeggia, in genere, tra ottobre e novembre. Il suo nome in sanscrito significa “fila di luci”. Questa festa simboleggia l’antica cultura indiana che insegna a sconfiggere l’ignoranza che sottomette l’umanità e a scacciare l’oscurità che avvolge la luce della conoscenza. In ogni leggenda, mito e storia Deepawali si trova il significato della vittoria del bene sul male e, con questo intento, le Dyias (piccole lampade di argilla) illuminano tutte le case, dentro e fuori. Infatti, la luce rende capace di buone azioni e, quindi, avvicina alla divinità. Durante il Diwali, le luci che illuminano ogni angolo dell’India, l’incenso che satura l’aria con il suo profumo, i fuochi di artificio che brillano e i petardi che scoppiano, sono tutti segno di obbedienza al cielo, al fine di ricevere prosperità, salute, ricchezza, conoscenza, pace.
Secondo la mitologia indu del grande poema epico 
Ramayana, il Diwali commemora il ritorno a Ayodhya del Re Rama, insieme a Sita, sua moglie, già rapita da Ravana, e Lakshmana, suo fratello, dopo 14 anni di esilio e dopo la sua vittoria sul demone Ravana, re dello Sri Lanka (vedi su questo blog “Dussehra”). Il popolo della città, al ritorno del re, accese file (avali) di lampade (dipa) in suo onore.
Il giorno del Diwali viene celebrato non solo in India ma anche in Sri Lanka, Nepal, Myanmar, Mauritius, Guyana, Trinidad & Tobago, Suriname, Malaysia, Singapore, Fiji etc., anche se con modalità diverse. Per gli induisti rappresenta una sorta di capodanno ovvero l’inizio di un nuovo anno durante il quale essi si profondono in azioni di devozione e preghiere alla dea 
Lakshmi, la consorte celeste di Vishnu. Si dice che nei tempi antichi fosse una festa per il raccolto. La festa nazionale vera e propria del Diwali avviene in un solo giorno e tutto il Paese è illuminato e festeggiano anche i sikh e i gianisti (per questi ultimi il Diwalii rapresenta il primo giorno dell’anno); nel giorno del Diwali tutti gli Uffici sono chiusi, trattandosi di festa nazionale. Nella tradizione induista, il Diwali si festeggia per cinque giorni consecutivi, ognuno dei quali rappresenta una storia divina, una leggenda o un mito.

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1° giorno: Dhanteras. Il primo giorno è chiamato Dhanteras o Dhantrayodashi che cade il tredicesimo giorno del mese di Kartik. La parola “Dhan” significa ricchezza e per questo ha una grande importanza per la ricca comunità mercantile dell’India occidentale. I pavimenti delle case e dei locali commerciali vengono decorati con beneauguranti disegni tradizionali Rangoli (fatti con pietre, fiori, polveri, farine o altro) per accogliere la dea della ricchezza e della prosperità. Le lampade sono tenute accese tutta la notte. E’ di buon auspicio comprare in questo giorno monili in oro o d’argento o almeno un nuovo utensile. Alla sera si accendono i piccoli Dyias di argilla, si fa la puja (la preghiera) a Lakshmi per scacciare gli spiriti maligni, si cantano inni religiosi e si preparano i dolci tradizonali (Naivedya) da offrire alla dea prima di mangiarli. Nei villaggi, è usanza venerare i vitellini in quanto, per gli agricoltori, sono la principale forma di reddito. Nel Sud, le vacche vengono venerate ed adornate perché ritenute l’incarnazione della Dea Lakshmi. La leggenda racconta del figlio sedicenne del re Hima il cui oroscopo ne previde la morte a causa di un morso di serpente, al quarto giorno del suo matrimonio. Quel giorno, la giovane moglie non gli permise di dormire. Fece un mucchio con tutti gli ornamenti e, aggiunto un sacco di monete d’oro e d’argento, li posò davanti alla camera del marito; poi, accese tante lampade e cominciò a cantare. Quando Yama, il dio della morte, arrivò sotto le spoglie di un serpente i suoi occhi vennero improvvisamente accecati dal bagliore di quelle luci brillanti, così da non riuscire ad entrare in camera del principe. Quindi, salì in cima al mucchio degli ornamenti e delle monete e si sedette lì tutta la notte ad ascoltare i canti melodiosi della donna. La mattina dopo se ne andò in silenzio. Così, la giovane moglie salvò il marito dalle grinfie della morte. Da allora, questo giorno di Dhanteras è conosciuto come il giorno della Yamadeepdaan e le lampade sono tenuta accese per tutta la notte in adorazione reverenziale di Yama, il dio della morte.
2° giorno: Nakra-Chaturdashi. Il secondo giorno si chiama Nakra-Chaturdashi o Choti Diwali e cade il quattordicesimo giorno del mese di Kartik. In questo giorno, Krishna ritorna da Pragyotishpur (Nepal), alla fine di un vaggio in cui ha ucciso il re demone Narakasur, liberato 16.000 figlie degli dei nell’ harem del re e recuperato i magnifici orecchini della dea Aditi. Per dimostrare di aver ucciso il demone, Krishna tornò a casa con il sangue del re spalmato sulla fronte. Nel Diwali, per purificare il sangue e lavare Krishna, le donne gli fanno il bagno in oli profumati. Da allora, l’abitudine di fare il bagno prima dell’alba è una tradizione in varie parti dell’India. Nel sud dell’India, per celebrare la vittoria di Krishna, alcuni credenti, davanti alla porta delle loro case, rompono dei meloni che rappresentano la testa del re demone. Dopo aver infranto il melone, la gente si fa in fronte una striscia con una miscela di curcuma e olio, che rappresenta il sangue di Krishna. Poi, è d’uso fare un bagno d’olio con sesamo, semi di cumino e pepe. Nel Maharashtra inoltre, sono usuali i bagni con olio e “Uptan” di farina di ceci e polveri profumate.
Un’altra storia racconta del re 
Bali, così potente da costitutire una minaccia per gli dei. Così Vishnu, sotto le sembianze di un bambino (batu Waman), lo pregò di dargli tanta terra che potesse coprire con tre dei suoi passi. Il re esaudì il suo desiderio. Vishnu riprese le sue vere sembianze e, con il suo primo passo, coprì il cielo intero, con il secondo, coprì la terra. Prima di fare il terzo passo, Vishnu chiese a Bali dove avrebbe dovuto fare il suo terzo passo. Bali offrì la sua testa. Mettendo il piede sulla sua testa, Vishnu lo spinse quindi verso il mondo sotto la terra. Allo stesso tempo, per la sua generosità, il Signore Vishnu gli diede la lampada della conoscenza e gli permise di tornare sulla terra una volta all’anno con milioni di lampade per dissipare le tenebre e l’ignoranza e diffondere lo splendore dell’amore e della saggezza. Per questo, il secondo giorno del Diwali si onora la credenza che la luce delle lampade allontani l’ignoranza e diffonda la radiosità dell’amore e della saggezza.
3° giorno: Lakshmi Puja. Il terzo giorno della festa di Diwali è interamente dedicato alla propiziazione della dea Lakshmi. Questo giorno è conosciuto anche con il nome di Puja Chopada. Il giorno della Lakshmi Puja cade in una notte oscura senza luna (Amavasya). I suoni gioiosi di campane e tamburi fluttuano dai templi dove l’uomo sta invocando la dea Lakshmi. Così l’oscurità impenetrabile viene trafitta da innumerevoli raggi di luce e con una fiammata di luce Lakshmi discende sulla terra in tutta la sua gloria celeste in mezzo al canto di inni vedici. La luce sublime della conoscenza sull’umanità e la devozione degli uomini vincono l’ignoranza. Per questo le luci illuminano i palazzi dei ricchi e le dimore dei poveri. Si ritiene che in questo giorno Lakshmi passeggi attraverso i campi verdi e rilasci benedizioni di abbondanza e prosperità. Quando il sole tramonta e il culto cerimoniale è finito, tutti i dolci fatti in casa vengono offerti alla dea. Si fa festa, ci si scambia regali, e, elegantemente vestiti, si va al templio e a visitare amici e parenti. Una delle usanze più curiose di questo Diwali è il gioco d’azzardo su larga scala soprattutto nel nord dell’India. Si ritiene che in questo giorno la dea Parvati giochi a dadi con il marito, Shiva, decretando che chiunque scommetta durante questo giorno abbia prosperità e ricchezza tutto l’anno.
Un’altra storia molto interessante del Diwali viene dal Kathopanisad. E’ la storia di un ragazzino chiamato 
Nichiketa il quale credeva che Yama, il dio della morte, fosse nero come la notte oscura di Amavasya. Ma quando lo incontrò di persona rimase perplesso nel vedere il volto calmo di Yama e la sua statura dignitosa. In questo giorno di Diwali, Yama spiegò a Nichiketa, che, solo passando attraverso il buio della morte, l’uomo vede la luce della più alta saggezza. Solo allora la sua anima può fuggire dalla schiavitù del suo corpo mortale e mescolarsi con il Potere Supremo. Fu così che Nichiketa capì l’importanza della vita mondana e il significato della morte e da quel momento partecipò alle celebrazioni Diwali.
4° giorno: Padwa o Varshapratipada. E’ il quarto giorno che segna l’incoronazione del re Vikramaditya, ed è l’inizio del Vikram-Samvat (è il calendario stabilito dall’imperatore indiano Vikramaditya ed è il calendario ufficiale del Nepal). In questo giorno, al Nord, si fa anche la Govardhan-Puja (detta anche Annakut). Secondo la storia scritta nel Vishnu-Purana (libro sacro Indu), il popolo di Gokul (un luogo nel Nord India), dopo la fine di ogni stagione dei monsoni, usava celebrare una festa in onore del Dio Indra (Dio della pioggia). Tuttavia, il giovane Krishna li fermò dicendo loro che, invece di adorare Indra, avrebbero dovuto pregare per la natura, considerato che la pioggia è un dono delle montagne; questo fece arrabbiare Indra che rispose coprendo d’acqua tutta Gokul. Krishna salvò Gokul sollevando la montagna Govardhan, tenendogliela sopra come un ombrello. Per commemorare questo giorno, la gente del Punjab, Haryana, Uttar Pradesh e Bihar costruiscono piccoli mucchi di sterco di vacca e li decorano con fiori per adorarli. In questo giorno, nei templi di Mathura e Nathadwara, si usa fare bagni di latte alle divinità che anche vengono vestite di abiti luccicanti e decorate con diamanti, perle, rubini e altre pietre preziose. Dopo le preghiere, vengono offerti agli dei tanti tipi di dolci deliziosi cerimoniosamente fatti a forma di montagna (Annakoot). Solo dopo questa offerta, i devoti possono ricevere il prasad dal bhog (il prasad è un alimento – frutta, dolce o altro da mangiare che viene offerto prima alla divinità – bhog – e poi consumata dai fedeli). La Dea Lakshmi viene adorata in ogni casa indù e la sua benedizione porterà successo e felicità. Questo giorno è considerato come il giorno più propizio per avviare una nuova impresa. In molte case indù è consuetudine che la moglie metta il tilak rosso sulla fronte di suo marito, una ghirlanda al suo collo e faccia la sua Aarthi (rituale durante il quale la luce emessa da una fiamma di canfora viene offerta alla Divinità) con una preghiera di lunga vita. La moglie riceve poi dal marito un regalo costoso in segno di apprezzamento di tutte le tenere cure ricevute. Questo Padwa Gudi è simbolo di amore e devozione tra moglie e marito. In questo giorno le coppie appena sposate vengono invitate a pranzo o a cena e ricevono regali.
5° giorno: Bhayya-Duj. Il quinto e ultimo giorno di Diwali è conosciuto come Bhayya-Duj. E’ noto anche in hindi come Bhav-Bij e in Marathi e nepalese come Bhai Tika. La leggenda dice che, in questo giorno di Diwali, Yama, il Dio della Morte, andò a trovare sua sorella Yami che gli mise il tilak di buon auspicio sulla fronte e lo nutrì con piatti speciali. Insieme mangiarono dolci, parlarono e si divertirono. Quando si lasciarono si scambiarono regali speciali e quel giorno Yama annunciò che, chiunque ricevesse tilak da sua sorella, non sarebbe mai stato rifiutato. Ecco perchè questo giorno di Bhayyaduj è conosciuto anche con il nome di Yama Dwitiya ed è simbolo di amore tra fratelli e sorelle. Il fratello deve andare a trovare sua sorella per festeggiare il Bhayyaduj.

I sikh festeggiano il Diwali per ricordare il giorno in cui il sesto Guru Har Gobind ritornò nella città santa di Amritsar dopo aver lasciato la prigione in Gwalior liberando e stesso e alcuni re indu tenuti prigionieri dall’imperatore musulmano Jahangir (imperatore moghul, padre di Shah Jahan, colui che ha fatto costruire il Taj Mahal). Il Guru era stato imprigionato dal re moghul intollerante alla crescita del sikkismo.
Nel tempio più important per i sikh, il Golden Temple di Amritsar, si da lettura dei grande Libro sacro 
Guru Grant Sahib e alla sera tutta la zona del tempio è fortemente illuminata dalle piccole luci che decorano la struttura e dai lampi dei bellissimi fuochi d’artificio. I giainisti celebrano la festa perché nel giorno del Diwalii Mahavira, il 24 Tirthankara (importante figura spirituale), ha raggiunto la liberazione (moksha o nirvana) a Pavapuri il 15 ottobre, 527 a.c.

Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama è stato il primo Presidente della storia a festeggiare il Diwalii nella Casa Bianca nell’anno 2009.

testo by PASSOININDIA

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Karni Mata Temple, il tempio dei topi.

Di tutto si può dire dell’India ma non che non sorprenda ogni volta. Sapete, vicino a Bikaner, in Rajasthan, c’è un posto dove i topi scorrazzano avanti e indietro, grassi e felici, chi può dire se per l’abbondante cibo che viene loro offerto o se per la devozione prestata loro dai fedeli.

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Ora, per un momento, lasciate fuori la comune ripugnanza verso questi piccoli esseri ed ascoltate questa storia. Nel famoso tempio dedicato a Karni Mata, l’incarnazione della divinità, da cui esso prende il nome, ci sono all’incirca 20.000 topolini (Kabbas) che regalano al sito il nome di “tempio dei ratti”. Questi animaletti sono considerati sacri e attirano quindi, oltre che turisti, moltissimi pellegrini indu che offrono loro di tutto, in prevalenza latte, ghee, il burro chiarificato, e prasad, un composto commestibile solitamente fatto con semolino, zucchero, ghee, cardamomo e uvetta, associato al rituale religioso, un po’ come l’ostia cristiana; se guardi bene qualcuno offre loro persino vino ed è per questo che talvolta si vede l’animaletto barcollare!

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Ora, è vero che in India gli animali in genere sono sacri, scimmie, vacche e quant’altro sappiamo, ma che si adorino addirittura i topi… non è affatto frequente. Tutto questo origina da una leggenda; sarebbe infatti tutto merito di Yama, il dio della morte, implorato da Karni Mata, una fanciulla indu, affinché riportasse in vita il suo figliastro Laxman annegato in uno stagno; Yama esaudì la preghiera di Karni Mata consentendo a Laxman e agli altri suo figli di reincarnarsi come topi. Tra le migliaia di topini marroncini, ci sono, in giro, pochissimi topini bianchi ritenuti particolarmente santi in quanto manifestazione di Karni Mata e dei suoi figli. Un’altra storia racconta che Karni Mata volle punire dei soldati che disertarono una battaglia e ai quali risparmiò la vita trasformandoli in ratti; perciò, ancora oggi, quegli uomini-topolini servono in eterno Karni Mata. Ora, non fatevi impressionare, provate a immaginare che quei topolini in fondo sono domestici, affettuosi, curati e non provenienti dall’esterno… I devoti non provano alcuna avversione e condividono con loro il cibo, mangiando ciò che è stato da questi rosicchiato perché bene augurante. Già dall’ingresso se ne vedono a gruppetti, fuori, nel cortile esterno del tempio e i pellegrini si comportano come in qualsiasi altro tempio, pii e scalzi. I turisti, solitamente, tengono i loro calzini perché questo, come in ogni tempio, è permesso.

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Quando, alle 4 della mattina, il Karni Mata Temple apre le sue porte, comincia l’Aarti, il un rituale religioso indù, parte della puja (preghiera), in cui i devoti offorno alla murti (l’icona sacra della divinità) la luce ottenuta dall’accensione di stoppini imbevuti di ghee o canfora; contestualmente, hanno luogo le offerte di cibo (bhog) ai ratti.

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Il tempio, in stile Moghul e Rajput, risale al XV° secolo ma è stato trasformato nel tempo, per mano di Ganga Singh, il Maharaja di Bikaner, e poi nel 1999, fino alla sua forma attuale.

I topi incisi sull’argento delle massicce finestre della costruzione in marmo antistante il tempio ricordano che quello è il loro tempio sacro; dentro, altre porte e pannelli riportano scene raffiguranti la dea e sui quadroni del marmo bianco e nero dove si prostrano i fedeli, slittano i topolini che realizzano perfetti schemi composti intorno a grandi ciotole di metallo piene di latte.

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Se solo uno di essi viene ucciso, deve essere sostituito con uno fatto di argento massiccio.

(Testo by Passoinindia)

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(foto dell’aarty, courtesy wikipedia)