Il tempio Natraj a Chidambaram.

Siamo in India del Sud, Tamil Nadu, vicino a Tanjore, esattamente a Chidambaram dove si erge il bellissimo tempio di Natraj, costruito durante il periodo Chola  (848-1280 d.C.), la dinastia che conferì, a quello che oggi è il Tamil Nadu, un prospero periodo in cui furono costruiti templi magnifici. Questo complesso, che copre ben 40 acri, ha quattro gopuram, le alte torri tipiche del’India meridionale che caratterizzano lo stile dravidico; i suoi santuari principali sono datati ancora più indietro nel tempo, almeno al VI° secolo. Il Natraj Temple è particolarmente speciale per ciò che simboleggia per gli induiso essendo il centro della devozione a Shiva (bhakti shivita) dell’ India del Sud.

Questo è anche uno dei cinque grandi templi indiani dedicati agli elementi primordiali di cui Shiva è Signore, etere, aria, fuoco, acqua e terra e qui, al Natraj Temple, il dio è l’esempio del primo.

Natraj, da cui il tempio prende il nome, non è altro che un avatar di Shiva, rappresentato come il ballerino cosmico che nella sua danza frenetica gira vorticosamente per l’universo, riassorbendo in se stesso tutto ciò che è stato creato. Un antico mito racconta infatti che egli, ballando, trasformò in energia creativa i canti magici dei saggi cantori che volevano ucciderlo. Neppure il nano Apasmāra, demone malefico e personificazione dell’ ignoranza riuscì nel tentativo poiché Shiva lo schiacciò con il piede destro spezzandogli la colonna vertebrale;  Shiva rimosse così l’ignoranza dal mondo ed offrì la salvezza dai legami dell’esistenza, simboleggiata dalla gamba sinistra sollevata in aria.

Nel tempio, Shiva è affettuosamente chiamato Adavallan, colui che ama ballare. La storia di Shiva e sua moglie Parvati è un mito indu ricco di simbologia. Parvati è la dea indù della fertilità, dell’ amore e della devozione nonché di forza e potere divino. Si racconta che le due divinità trascorsero gran parte del loro tempo in Himalaya, giocando a prendersi in giro l’un l’altra. E così pensarono di fare una gara di ballo per vedere chi sarebbe stato il più bravo tra loro. Le creature celesti si misero ad osservare e mentre i musicisti celesti suonavano Shiva e Parvati cominciarono a ballare. E più la danza andava avanti e più Shiva e Parvati dimostravano uguali capacità. Ma ad un certo punto il ballo si fermò quando Shiva, l’esperto in molte pratiche Yogi e tantriche, si mise in piedi su una gamba  sola tenendo l’altra sollevata sopra la sua spalla. Questa difficile posizione (Urdhva-Tandava) non poteva che essere per ballerini competenti e così Shiva attese che Parvati lo imitasse mentre il pubblico celeste assisteva in silenzio a quest’ ultima sfida. Parvati pudicamente chinò il capo, non riuscendo ad imitare quella postura. Questo tempio, secondo il mito, sarebbe  stato il palcoscenico di questa danza cosmica.

All’interno, un’immagine di Natraj ed un santuario dedicato a Parvati qui chiamata Shivakamasundari. Le gopurams e le pareti del tempio sono decorati con miriadi di figure danzanti e di musicisti che celebrano il grande evento della creazione.

testo by Passoinindia

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(pittura: dal sito http://www.handmadeexpo.com)

Orchha, la cittadella medievale.

L’antica cittadella medievale di Orchha, è lì, sul fiume Betwa, dal 1500 d.C., nascosta tra i dhak (alberi con splendidi fiori rossi), da quando Rudra Pratap (1501-1531), il primo re della dinastia Bundela del clan Rajput, cominciò ad erigere diversi edifici prima di fare di Orchha, proprio l’anno in cui egli morì (1931), la nuova capitale del regno. E così ne venne fuori una fortezza priva di mura con il suo complesso di palazzi, appartamenti, cortili, jali (balconate a griglia), templi con shikhara (torri), havelis, bazaar, giardini, e padiglioni dove si stabilirono i sovrani bundela che, nel tempo, contribuirono a realizzare quella che fu allora Orchha e di cui ancora oggi possiamo ammirare la bellezza, non più fastosa come un tempo ma molto suggestiva. Tra i palazzi più interessanti il Raj Mahal (o Raja Mandir), il palazzo reale la cui costruzione, iniziata da Rudra Pratap, fu terminata da Madhukar Shah (1554-1591), che stabilì buoni rapporti con l’impero Moghul allora capeggiato da Akbar (1556-1605) che lo aveva da poco sconfitto in battaglia. Dopo il XV° secolo molti sovrani rajput (non così per Rudra Pratap e altri) tennero relazioni di amicizia con i Moghul tanto che alcuni nobili Rajput sposarono le loro figlie agli imperatori moghul, ovviamente per motivi politici. Del resto, è grazie a queste alleanze che Akbar riuscì a fare grande il suo impero.  L’interno del Raj Mahal presenta cortili, uno dei quali riservato alle regine bundela, su cui si affacciano gli appartamenti reali decorati con mosaici in vetro, pitture su pareti e soffitti che raffigurano scene di vita quotidiana ed avatar del dio Vishnu. Non lontano il Jahangir Mahal (XVII° secolo) realizzato durante il regno di Viz (Bir) Singh Deo (1605-1627) che lo costruì per ospitare il principe moghul Salim Jahangir (1569-1627), quarto re moghul e figlio di Akbar, durante la sua visita ad Orchha. Accadde infatti che Jahangir, impaziente di succedere al trono del padre, tentò di spodestarlo nel 1599. Così Akbar incaricò il suo braccio destro Abul Fazi di catturare suo figlio ma l’impresa non gli riuscì grazie all’intervento di Viz Singh Deo che portò a Jahangir la testa di Abul Fazi. Salim Jahangir alla fine si riconciliò con il padre e tornò ad Agra. Tre anni dopo, alla morte di Akbar, Jahangir, nuovo imperatore, riconobbe Vir Singh capo del Bundelkhand (la regione dei Bundela) che fu incoronato alla presenza di Jahangir, e fece costruire, per ospitarlo, il bel palazzo Jahangir Mahal, in stile indo-islamico, composto di ben 100 camere. Quella fu per Orchha l’età dell’oro e molti altri splendidi palazzi e templi in stile bundela furono costruiti. Continua a leggere qui

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