UN VIAGGIO ATTRAVERSO L’EREDITÀ CULTURALE DELL’INDIA.

Capitolo 1:  Sufismo, dervisci and qawwali in India

Dalla letteratura mistica sufi: “ Finchè io esistevo, Dio non era presente. Ora solo lui esiste e io non ci sono più. Il cammino dell’amore è così stretto che non lascia spazio a entrambi”.

Il sufismo può essere considerato come la dimensione esoterica dell’islam con cui condivide solo alcune pratiche e che non viene accettato dall’islam stesso che lo considera invece come una dimensione spirituale che utilizza metodi non appropriati.

È un insegnamento basato sull’amore. Anche se parlare di questa complessa tradizione non è per nulla facile, l’enfasi della sua parola è sulla perfetta rinuncia e sul totale annegamento in Dio.

Come disse un maestro sufi: “l’amore è azione, l’azione è conoscenza, la conoscenza è verità, la verità è amore.

C’è un senso di unità in questa dottrina che parla della sostanziale unità di tutte le religioni. Una storia sufi racconta che c’erano quattro viaggiatori: un persiano, un turco, un arabo e un greco che si avvicinano ad una bancarella al bordo della strada. “Voglio dell’ angur” dice il persiano, “io voglio l’uzum” dice il turco, “inab è quello che voglio io” dice l’arabo, il greco invece insiste per comprare lo “stafil”. Iniziano a discutere, quando arriva un uomo che conosce molte lingue e offre loro il suo aiuto, prende i soldi, si avvicina alla bancarella e compra quattro grappoli d’uva che porta ai viaggiatori. Tutti e quattro volevano la stessa cosa!

La disarmonia e il dissenso sono spesso causati dalla differenza del linguaggio. Con questa storia si vuole far capire che i viaggiatori sono le persone comuni soggette ai fraintendimenti e alle incomprensioni e il sufi è il linguista ovvero colui che parla e comprende una lingua universale,  la lingua dell’amore. Quando emergono in superficie le differenze nei linguaggi, nei significati e nella percezione, solo allora si possono apprendere i veri insegnamenti. Il sufi è un mistico che crede nell’armonizzazione dell’intera esistenza.

“Il sufismo è la verità senza forma”. La parola sufi in arabo vuol dire puro. Un’interpretazione letterale di “sufi” è la persona che veste la lana di cammello.

La metafora del cammino che il devoto deve percorrere per raggiungere Dio deve essere vista qui in relazione al termine Shari’a che vuol dire “la strada già percorsa”,  “ la strada che conduce alla sorgente”, la tariqa rappresenta la prosecuzione metaforica di questo percorso, intrapresa dai mistici che dalla strada già percorsa vogliono arrivare all’essenza di essa ovvero all’ haqiqa al cui interno si cela il vero e ultimo significato intrinseco ovvero la marifa cioè l’unione ultima in cui il devoto diventa una sola cosa con Dio.

L’obbiettivo di tutte le pratiche ascetiche sufi è quello di ottenere uno stato di costante ricordo di Dio per rimanere sempre nella sua presenza. I sufi considerano Jikr ( il ricordo), Muraqaba ( meditazione), Mushahada (visione) e Muhasaba (autocritica) come le pratiche più utili per raggiungere questo obbiettivo.

whirling

La musica e la danza sono viste come attività catalizzatrici nel produrre uno stato di estasi. I sufi credono che la musica faccia vibrare i loro cuori con l’eco del riverbero, ricordando loro l’ unione con Dio. Gli effetti prodotti dalla musica, dipendono comunque dalla natura e dallo stato emotivo di chi ascolta e di chi canta. Se il devoto non ha ancora superato le passioni terrene, può addirittura farsi del male, ma per un sufi la musica provoca nel suo cuore un amore più alto vicino a Dio e lo può anche condurre ad una visione e ad un’ estasi spirituale assolute. Dicono che la musica produca una purezza nei loro cuori che non sarebbe raggiungibile con nessun’altra pratica. Si crede che Dio abbia donato a tutti la sua eterna musica che risuona nei battiti del cuore (AnahatNad) e la musica esterna vuole essere un  tentativo di riprodurre e farci ricordare che questa musica eterna è presente in ognuno di noi al fine di farci avvicinare alla sorgente di questa melodia che è Dio. I ghazals di Rumi continuano ad inspirare cantanti e poeti con le loro riflessioni di amore spirituale come aspirazione umana. I qawwali sono cantati ovunque e uniscono tradizioni musicali differenti come il khayal, thumri, tarana e altre, una meravigliosa tradizione di umanità. Una vecchia canzone dice:

“Mi chiesero come sapevo che il mio amore fosse vero, risposi, ovviamente : c’è qualcosa qui dentro al mio cuore che non può essere negato”.

La passione per la musica devozionale in India, è una caratteristica dell’ordine Chisti. Questo ordine di sufi, fu il primo dei quattro ordini principali del sufismo che si stabilirono in India, chiamati: Chishtia, Qadiria, Suhurawadia e Naqshbandia. Khwaja Muninuddin Chisti introdusse l’ordine Chishti in India intorno al 12’sec. d.c. . I devoti di questo ordine osservano un ritiro di quaranta giorni durante i quali si astengono dalla parola, mangiano solo lo stretto necessario e spendono la maggior parte del loro tempo in preghiera e in meditazione. Questi devoti sono profondamente legati alla musica devozionale attraverso la quale raggiungono l’estasi divina. La musica devozionale Qawwali, li aiuta ad entrare in questo stato. Si dice che l’ordine dei dervisci danzanti, conosciuti come Mevlevi, abbia avuto inizio al tempo di Jalaluddin Rumi, un grande poeta sufi, che era solito tenere dei concerti in memoria del suo maestro Shams Tabriz. Essi credono che la danza simboleggi la danza dell’anima  nell’amore di Dio. I dervisci erano asceti che fondarono la confraternita sufi in Arabia, nel loro credo unirono la filosofia intrinseca di tutte le religioni e crearono un nuovo movimento e un nuovo genere musicale. La danza sacra dei dervisci si dice abbia preso vita da un movimento che fece Rumi e che inconsciamente fece roteare la gonna del suo vestito. Da qui prese vita la danza creata da un gruppo che divenne noto come I dervisci erranti. Molti erano i loro seguaci.

Altamente emblematica e altamente spirituale, questa danza, molto diffusa in Medio Oriente e in particolare in Turchia, è l’espressione stessa della realtà divina e della realtà fenomenica, in un mondo in cui tutto, per sussistere, deve ruotare come gli atomi, come i pianeti, come il pensiero.

Il fatto che gli esseri umani possano partecipare alla coreografia del cosmo danzando al suo ritmo è una consapevolezza che l’umanità ha sin da tempi antichi. Nella danza, lentamente il corpo oscilla e il ritmo del sangue cambia, così come anche la consapevolezza. Con una rivoluzione simile a quella compiuta dal cosmo, le mente si assicura la libertà dai limiti terrestri: inizia a concentrarsi sulla profondità stessa dell’esistenza mentre il corpo è stato lasciato a terra. Qui avviene una trance in cui la mente si separa dal corpo e dunque l’anima raggiunge la libertà dallo stesso. Attraverso questa danza I dervisci colgono la possibilità dell’eternità dell’anima che una volta liberata dai limiti fisici si può concentrare sulla totale trascendenza, la loro filosofia si definisce appunto “filosofia trascendentale”. Dall’altra parte il corpo non viene rinnegato ed’ è in questa comprensione di mente e corpo che viene sperimentato il potere dell’ Unico e la Totalità della vita. In questa danza rituale, il movimento che cambia la sua velocità crea un’armonia tra queste differenti essenze del sè e suscita una profonda consapevolezza. La danza è una speciale pratica per addomesticare la percezione e la consapevolezza del derviscio: è una sorta di meditazione dove la consapevolezza del devoto può penetrare il mondo metafisico. Questo crea una relazione tra l’uomo e la sua natura divina. Per il sufi la conoscenza è metafisica e può essere raggiunta solo attraverso la pratica e non attravero lo studio. Inoltre la pratica della danza è importante nell’ottenere  la conoscenza poichè nella danza il sufi è allo stesso momento nel mondo e al di fuori di esso. I sufi vivono concentrati nell’ essenza di quello che stanno cercando e non nella quotidianità della vita. Tutto il loro lavoro quotidiano consiste nell’ esercitare il corpo a sopportare il peso della sua materia e nell’ essere capace di superarlo.

Il Semà, ovvero questa danza rituale, simbolizza l’ascesa spirituale , il viaggio mistico dall’essere a Dio, in cui l’essere si dissolve ritornando poi sulla terra.

Disse il grande maestro sufi del IX secolo Dhu âl Nûn âlMisr:

“prima di compiere il viaggio credevo che le montagne fossero montagne e i mari fossero mari; durante il viaggio scoprii che le montagne non sono montagne e i mari non sono mari; ed ora che sono tornato so che le montagne sono montagne, e i mari sono mari”.

Partecipano al rito da un lato un gruppo di musici e cantanti, dall’altro il Maestro, il capo dei danzatori e i danzatori. Tutti hanno un abito bianco sopra il quale portano un mantello nero. Nessun altro colore è ammesso, e tutti sono, rigorosamente, maschi. La cerimonia è divisa in varie fasi. Il rito inizia con un inno di lode al Profeta, o con la recitazione dei dieci passi più importanti del Corano. Questa eulogia è in pari tempo una lode a tutti i Profeti e a Dio che li ha creati. Segue una introduzione con un’ improvvisazione di flauto. Un suono di tamburi , la seconda fase , simbolizza la creazione del mondo; e poi , la terza fase, la dolce melodia di un flauto, col suo suono sensibile e delicato rappresenta il soffio divino da cui tutte le creature traggono vita.
Terminato questo concerto, comincia il semà vero e proprio con un inno mevlevi. Mentre il coro accompagnato dall’orchestra inizia a cantare, entrano in fila il Maestro, il capo dei danzatori, e i danzatori, coperti da un mantello nero, simbolo dell’ignoranza e della materia, sotto il quale indossano un abito bianco che rappresenta,la luce e il distacco dall’ ego. Il Maestro ha un caratteristico copricapo nero avvolto dal turbante nero e prende posto su una pelle di montone tinta di rosso; i dervisci indossano un alto cappello di feltro marrone, che simboleggia la pietra tombale del loro ego. A passi lenti,  percorrono in senso antiorario tutto il perimetro per tre volte. Poi si fermano su un lato lungo e ha luogo, con un lieve inchino, lo scambio reciproco di saluti. Ciò simboleggia il saluto che tutte le anime nascoste nelle forme e nei corpi si scambiano in segno di mutua fratellanza. Se in questo momento i danzatori si siedono, prima di rialzarsi battono all’unisono le palme delle mani sul pavimento. Alla fine i danzatori depongono il mantello nero e, in piedi rimangono un attimo con le braccia incrociate e le mani sulle spalle a simboleggiare l’unicità dell’essere con l’Assoluto.
Ha inizio allora la fase più suggestiva, divisa in quattro parti, dette “saluti”. A uno a uno i danzatori si dirigono verso il maestro, gli baciano la mano, vengono da lui baciati sul bordo del copricapo di feltro, cominciano a roteare su se stessi e,  dopo aver allargato le braccia , sempre roteando su se stessi iniziano a girare attorno alla sala, la mano destra volta al cielo a simboleggiare la vicinanza con Dio, la mano sinistra volta alla terra per includere tutti i presenti  alla presenza di Dio. Così girano tutti da destra a sinistra, in un’ampia vorticosa immagine dell’Essere, mentre il capo dei danzatori passa lentamente fra loro.
Questa cerimonia è ripetuta integralmente quattro volte, ossia per quattro “saluti”, interrotti ciascuno da un arresto della musica. Sul finire dell’ultimo “saluto”, il Maestro stesso, “polo celeste”, compie a piccoli e lenti passi un breve percorso davanti a sé, girando su se stesso e tenendo tirato con la mano destra il bavero del mantello.
Il primo “saluto” simboleggia la nascita dell’essere umano alla verità, cui giunge grazie al ragionamento in una formale presa di coscienza che lo rende consapevole dell’esistenza di Dio. Il secondo saluto simboleggia il raggiungimento d’una consapevolezza superiore, in cui l’essere umano sente la Potenza di Dio attraverso lo splendore della Sua creazione. Nel terzo saluto l’essere umano giunge a Dio eliminandosi in Lui, ed è l’estasi ed il superamento d’ogni transitorietà fenomenica. Il quarto “saluto” simboleggia il ritorno sulla terra dallo stato di estasi, e l’accettazione della materia dopo l’ebbrezza della luce divina. Il viaggio mistico è così finito e il sufi, «morto prima di morire», ha testimoniato materia e spirito, essenza reale e transitorietà fenomenica.

( sources: http://www.rivistasufismo.it)

A seguire per chi fosse interessato lascio il link di alcuni festivals sufi che si tengono in India:

http://worldsacredspiritfestival.org/

http://ruhaniyat.com/

IL TRENO DEL CANCRO

Non appena l’orologio segna le 21:00, la trasandata e poco illuminata stazione di Bathinda riprende a vivere, presa d’assalto da una valanga di deboli pazienti che si accalcano sulle piattaforme e si fanno spazio a sgomitate per un prendere un posto nel “treno del cancro”. Ramkishan, un uomo sulla cinquantina, respirando a fatica e tossendo, rimane seduto sulla banchina finchè la folla non si calma, poi prende lentamente a camminare per raggiungere il treno e sedersi a lato del finestrino nel posto riservato.

“Sto andando all’ospedale di Bikaner”, dice quasi senza fiato. “ Mi hanno detto che ho raggiunto lo stadio finale di cancro”.  Questo potrebbe essere il mio ultimo viaggio”.

Il treno a 12 compartimenti ha ottenuto questo macabro nome da un’improvvisa ondata di casi di cancro nello stato del Punjab nel nord-est dell’India, provocati da un inquinamento crescente e dall’uso sempre maggiore di pesticidi e soprattutto da una poco efficace risposta delle autorità governative.

I pazienti arrivano da ogni parte del Punjab per prendere il treno delle 21:30 che li porta nella città-deserto di Bikaner dove possono ottenere  cure specialistiche, arrivando la mattina presto dopo sette ore di viaggio. In questa occasione, l’unico compartimento del treno riservato, con una capacità di 72 posti, viene occupato da trenta pazienti malati di cancro.

Inizialmente questo treno era conosciuto come “il treno TB” perchè veniva usato dai pazienti affetti di tubercolosi che dovevano raggiungere ospedali lontani, ma negli ultimi anni ha ottenuto il nome di “L’ESPRESSO DEL CANCRO”.

Questo treno è utilizzato dai pazienti affetti da tumore, circa il 60% dei posti è occupato da pazienti diretti a Bikaner. Molti altri pazienti viaggiano stipati nei compartimenti generali poichè non possono permettersi di pagare un biglietto.

Simarpal Kaur, 50 anni, è un professore che come altri pazienti siede sul treno, condanna la crescita del cancro dovuta all’acqua contaminata e ai pesticidi utilizzati per i cereali , la frutta e la verdure.

Consapevole del problema, il governo del Punjab ha organizzato un Sistema di purificatori per l’acqua nei villaggi maggiormente colpiti come Bhuttiwala soprannominato il “villaggio del cancro”. Ma i residenti condannano il fatto che questi purificatori non vengano puliti regolarmente e quindi non funzionano a dovere.

” Non sono state condotte ricerche sufficienti sulla prevalenza del cancro in Punjab e dunque non abbiamo informazioni a sufficienza.” dice il Dr. Pritpal Singh del centro per bambini speciali, Baba Farid.

“Le persone non rivelano che qualcuno nella loro casa è malato, per paura di essere stigmatizzati, dunque alcuni casi vengono alla luce quando il paziente ha già raggiunto lo stato finale della malattia.”

Otto mesi fa il centro di Baba Farid ha condotto una ricerca nel villaggio di Bhuttiwala, che identificava 20 pazienti malati di cancro, quando ritornarono a vedere le condizioni di saluti dei pazienti, 18 erano già morti.

Un’ inchiesta di Greenpeace report  condotta da scienziati dell’università di Exeter nel Regno Unito, trovò che il 20% dei campioni dell’acqua dei pozzi aveva livelli di nitrato sopra il limite di sicurezza di 50mg per litro, stabilito dall’organizzazione della sanità mondiale. Il nitrato è una sostanza che può provocare gravi danni alla salute soprattutto nei bambini.

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Nel 2010 il centro Baba Farid si è consultato con il Laboratorio di Micro Tracce Minerali , in uno studio da cui sono usciti fuori risultati incredibili che hanno trovato alti livelli di metalli pesanti come il bario, il cadmio, il magnese, il piombo e l’uranio in bambini di età tra i 13 e i 18 anni.  Nonostante ciò abbia provocato un gran baccano e abbia scatenato le autorità a muoversi, poco o quasi nulla è stato fatto e quel poco che è stato fatto non ha avuto nessun risultato, secondo il Dr Singh. che racconta che ogni giorno ha a che fare con circa 30 nuovi casi di bambini affetti da malformazioni congenite, autismo e ritardo mentale.

“in un’azione di contenimento dei danni, il governo del Punjab ha creato delle unità di bonifica dell’acqua, ma questo è stato solo un gesto simbolico in quanto molte di queste strutture non sono mai state messe in funzione” dice il Dr. Singh. “Dunque alle persone non resta che bere acqua contaminata e farsi il bagno con l’acqua del rubinetto che proviene direttamente dai canali dove senza pudore, vengono smaltiti gli scarichi industriali. Inoltre l’uso intensivo dei pesticidi nelle fattorie e l’eccessivo sfruttamento dell’acqua del suolo per l’irrigazione dei campi, ha contaminato le acque. È un circolo vizioso di inquinamento del suolo, dell’acqua e del cibo”.

È  la cosidetta “rivoluzione verde” che viene incriminata per questo disastro di inquinamento delle risorse che sembra non avere margini di ripresa. C’è stato un periodo in cui, nel 1960 la crescita agricola ha raggiunto livelli altissimi al punto che il Punjab venne definito “la dispensa dell’India”, un periodo in cui le risorse abbondavano così come l’uso di pesticidi. E questo uso incontrollato e irragionevole ha dato vita alla Green Revolution, ma ha anche creato questa straziante situazione. Nessuno può negare che la rivoluzione verde ha aumentato gli standard di vita della popolazione del Punjab e adesso difficilmente si vedono capanne nella regione, qui infatti anche I contadini hanno case private, guidano macchine e indossano abiti firmati. La rivoluzione era assolutamente necessaria in quel periodo, se non fosse avvenuta, difficilmente si sarebbe riusciti a sfamare la sempre più crescente popolazione Indiana.

Il governo del Punjab ha commissionato la sua ricerca sul cancro nel 2010, dalla quale è emerso che su 100.000 persone 130 sono affette da tumore , un numero in linea con la media nazionale di 137 . Il dott. Singh critica fortemente la metodologia usata e considera questa ricerca una beffa.

Il Dr Karnjit Singh, direttore della sanità del Punjab, insiste a dire che sono molteplici I fattori che furono responsabili per l’aumento dei casi di cancro all’interno dello stato. “ ci sono vari fattori come l’epatite b, l’infezione da virus e il fumo, sarebbe improprio dire che sono stati I pesticidi la causa della diffusione dei casi di tumore” dice.

Il governo federale dell’india ha espresso preoccupazione riguardo l’avvelenamento da pesticidi e ha pianificato di modificare la legislatura sui fertilizzanti e sui pesticidi nonostante sia certa l’opposizione delle lobby che commerciano con questi prodotti. Anche se il governo smentisce la pressione di queste lobby. “Se c’é una qualche lobby, è una lobby per I contadini” afferma il ministro dello stato per l’agricoltura, Sanjeev Kumar Baliyan.

Solo nel 2017 il governo ha acconsentito ad eliminare l’uso di endosolfato e tutte le riserve di pesticidi hanno superato la data di scadenza.

Baliyan afferma che il governo non può stabilire un divieto assoluto nell’uso dei pesticidi, ma che sta cercando delle alternative come la coltivazione organica. Ovviamente la complicità tra il governo e le lobby di pesticidi è un discorso fondamentale per capire come mai la situazione venga così poco presa sul serio.

Tutti I pazienti che usano questo treno affrontano questo viaggio per poter essere accolti dalle cure dell’ospedale regionale per il tumore l’Acharya Tulsi e del centro di ricerche Prince Bijay Singh Memorial Hospital in Bikaner che come molti degli ospedali del Punjab è coperto da una serie di benefici che rientrano nello schema di aiuti del primo ministro del Punjab per le cure dei malati di cancro.

Uno di questi passeggeri è Madan Lal di 68 anni che insieme a sua sorella occupano la cabina letto, dove possono almeno provare a distendersi. Lal che arriva dal villaggio di Mallan nel distretto di Faridkot in Punjab, ha subito diversi trattamenti alla gola nell’ultimo anno e si è dovuto recare più di 30 volte all’ospedale di  Bikaner.

La prima domanda che sorge spontanea è: perchè tutti questi malati di tumore provenienti dal Punjab viaggiano fino in Rajasthan per delle cure, quando lo stesso Punjab si vanta di avere dei buoni centri per la cura del cancro?

Sources: translation from Al Jazeera document.