Le mie impressioni sul celebre fotografo (al Ducale di Genova) – Henry Cartier-Bresson.

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Vi racconto le mie impressioni sul celebre fotografo HENRY CARTIER-BRESSON. Lasciate scorrere le immagini e seguitemi in questo racconto.

Ieri ho visitato la mostra dedicata al grande maestro Henry Cartier Bresson (1908-2004) ospitata dal #palazzoducalediGenova dall’11 marzo all’11 giugno 2017 e ne sono rimasta affascinata.

Emblema del fotoreporter contemporaneo che attraverso i suoi scatti racconta di storia, persone, anime e cuori che incontra viaggiando per il mondo, Cartier-Bresson fu anche il primo fotografo occidentale ammesso ad entrare in Russia.

Osservando i suoi lavori appare chiara la sua cura per le forme geometriche, le linee, le curve, le diagonali, i giochi di luce che vengono composti armonicamente e spesso diventano la cornice della scena o sono strumentali alla esaltazione del soggetto. La sua pazienza, che egli credeva essere qualità imprescindibile di un fotografo, gli ha consentito di consacrare il momento giusto, quello atteso,impregnato della spontaneità della scena che viene catturata quindi con pochi scatti. Il viaggio divenne per lui la condizione necessaria per avvicinarsi alla gente, soprattutto quella più povera. Lo fece in tutti i continenti del pianeta, fermandosi anche in India dove incontrò Gandhi e immortalò anche i momenti della sua cremazione, oltre a fissare su carta i giorni della cosiddetta spartizione, quando l’India diventò indipendente e le genti musulmane e quelle sikh e indu vennero divise. L’obiettivo prediletto di Bresson fu il 50 mm. praticamente una estensione dei suoi occhi, pur utilizzando Cartier-Bresson tutti i tipi secondo le esigenze del momento. Egli stesso invitava ogni fotografo a trovare quello ideale, il più adatto a rappresentare meglio la personale visione della realtà. Tra i suoi soggetti preferiti i bambini, perché puri e veri. Cartier-Bresson raccolse la naturalezza della scena con discrezione, immedesimandosi nei fatti, integrandosi nel luogo e vivendo tra la gente, quasi sempre senza porre in vista la macchina fotografica, la sua amata Leica. Nelle sue immagini emerge il romanticismo della pittura, arte cui si dedicò prima di diventare fotografo e che gli conferì la capacità di realizzare i suoi lavori con lo stesso metodo del pittore che osserva scrupolosamente la scena nei suoi minimi dettagli. Cartier- Bresson non avrebbe approvato ciò che oggi il digitale ci consente, ovvero croppare, cioè tagliare, le immagini per perfezionare la foto. La fotografia doveva per lui rimanere integra ed il taglio era consentito solo al momento dell’ inquadratura. Una foto non perfetta avrebbe dovuto, piuttosto, essere buttata. Quasi mai egli sviluppò da sé i suoi capolavori proprio per mantenere fede al suo dettato ossia evitare di interferire nel processo di sviluppo in camera oscura. Come egli dichiarò più volte, Cartier-Bresson non si affezionava alle foto una volta realizzate; il suo piacere, il momento sublime era quello dello scatto, della cattura dell’immagine.
Henry Cartier-Bresson fu così grande testimone dello spirito umano, della sua fragilità, dell’ingiustizia sociale, della gioia e spensieratezza, dello status sociale, della bellezza della natura e di fatti storici, come il dopoguerra, che costituiscono la storia dell’intera umanità.
Sono immagini insieme espressive ed evocative, dove il bianco e nero esalta ombre, profili, chiari e scuri e che infondono, in chi le guarda, un senso di partecipazione e, dagli sguardi immortalati, quasi un senso di essere a propria volta osservati. Cosa che solo i grandi fotoreporter sanno fare. Proprio come Henri Cartier-Bresson.

(testo PassoinIndia)

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Per la mostra http://www.palazzoducale.genova.it/henri-cartier-bressonfo…/

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Il sale della terra. Salgado.

Questo è il trailer di un bellissimo film. Tema: Sebastiao SALGADO, i suoi reportage. Vivamente consigliato.

 

 

Sebastião Salgado nasce ad Aimorés, l’ 8 febbraio 1944). E’ un fotografo brasiliano che attualmente vive a Parigi.

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Dopo una formazione universitaria di economista e statistico decide, in seguito ad una missione in Africa, di diventare fotografo. Nel 1973 realizza un reportage sulla siccità del Sahel, seguito da uno sulle condizioni di vita dei lavoratori immigrati in Europa. Nel 1974 entra nell’agenzia Sygma e documenta la rivoluzione in Portogalloe la guerra coloniale in Angola e in Mozambico. Nel 1975 entra a far parte dell’agenzia Gamma ed in seguito, nel 1979, della celebre cooperativa di fotografiMagnum Photos. Nel 1994 lascia la Magnum per creare, insieme a Lelia Wanick Salgado, Amazonas Images, una struttura autonoma completamente dedicata al suo lavoro. Salgado si occupa soprattutto di reportage di impianto umanitario e sociale, consacrando mesi, se non addirittura anni, a sviluppare e approfondire tematiche di ampio respiro.

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A titolo di esempio, possiamo citare i lunghi viaggi che, per sei anni, lo portano in America Latina per documentarsi sulla vita delle campagne. Questo lavoro ha dato vita al libro Other Americas.

Durante i sei anni successivi Salgado concepisce e realizza un progetto sul lavoro nei settori di base della produzione. Il risultato è La mano dell’uomo, una pubblicazione monumentale di 400 pagine, uscita nel 1993, tradotta in sette lingue e accompagnata da una mostra presentata finora in oltre sessanta musei e luoghi espositivi di tutto il mondo.

Dal 1993 al 1999 Salgado lavora sul tema delle migrazioni umane. I suoi reportages sono pubblicati, con regolarità, da molte riviste internazionali. Oggi, questo lavoro è presentato nei volumi In Cammino e Ritratti di bambini in cammino, due opere che accompagnano la mostra omonima edite in Italia da Contrasto.

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Nel 2013 Salgado ha dato il suo sostegno alla campagna di Survival International per salvare gli Awá del Brasile, la tribù più minacciata del mondo. Nell’agosto 2013 O Globo ha pubblicato un lungo articolo sulla tribù, corredato dalle sue fotografie.

Con studi di economia alle spalle, Salgado approda tardi nel mondo della fotografia, occupandovi subito una posizione di primo rango. Le sue opere si ispirano a quelle dei maestri europei, filtrate però dall’eredità culturale sudamericana. Esse attirano l’attenzione su tematiche scottanti, come i diritti dei lavoratori, la povertà e gli effetti distruttivi dell’economia di mercato nei Paesi in via di sviluppo. Una delle sue raccolte più famose è ambientata nella miniera d’oro della Serra Pelada, in Brasile, e documenta un abuso dei diritti umani senza precedenti. Migliaia di persone sono ritratte mentre si arrampicano fuori da un’enorme cava su primitive scale a pioli, costretti a caricare sacchi di fango che potrebbero contenere tracce d’oro.

Salgado scattava nel modo tradizionale, usando pellicola fotografica in bianco e nero e una fotocamera standard da 35 mm: strumenti portatili e poco ingombranti. È nota la sua preferenza per le macchine Leica, in virtù della qualità dei loro obiettivi. Particolarmente attento alla resa dei toni della stampa finale, Salgado applica uno sbiancante con un pennello per ridurre le ombre troppo intense.

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Nel corso della realizzazione del progetto Africa, Salgado ha avuto la necessità di stampare alcune scene in grande formato. Ma la Leica non gli consentiva di andare oltre una certa misura, per cui ha iniziato ad utilizzare una Pentax 645 in formato 220.

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All’inizio della realizzazione del progetto Genesis, inoltre, egli ha calcolato che avrebbe dovuto girare il mondo con 600 rullini di formato 220, con un peso di 30 chili circa di pellicola. Ma con le misure di sicurezza instaurate negli aeroporti di tutto il mondo, in conseguenza dell’attentato dell’11 settembre, le pellicole avrebbero dovuto attraversare più volte i rilevatori a raggi X, con perdita di qualità dell’immagine e quindi del vantaggio qualitativo che avrebbe dovuto derivare dall’uso del medio formato. Allora il grande fotografo ha deciso di utilizzare una Canon 1Ds Mark III, da 21 megapixel, riducendo il peso previsto del materiale sensibile, da 30 kg delle pellicole, ad 1,5 kg di schede digitali.

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FONTE>: WIKIPEDIA

Non solo India

Agli amanti della fotografia e dei video, di quelle immagini che hanno fatto la storia e che ancora la faranno, consiglio vivamente questo link zeppo di informazioni visive mondiali, con relativa didascalia. Noi non potevamo che iniziare da qui… ma ce ne è per tutti i gusti e per tutte le curiosità;  l’ho trovato per caso ma ci vorrebbe un giorno di ferie per esplorarlo ….

http://life.time.com/history/life-behind-the-picture-gandhi-and-his-spinning-wheel-1946/#1

Divertitevi e guardate come eravamo.