L’ULTIMO ATTO SPIRITUALE

Shakespeare fa contemplare a Giulio Cesare che “Di tutte le meraviglie che ho ancora sentito, mi sembra molto strano che gli uomini debbano temere, visto che la morte, una fine necessaria, verrà quando verrà“. Una delle più grandi paure è la paura della morte. Ogni religione cerca di prepararci ad affrontare questa inevitabilità.
Gli uomini passano la vita propiziando gli dei per una fine pacifica e una prosecuzione migliore della loro vita trascorsa sulla terra. Ogni religione sottolinea la responsabilità e la dovuta ricompensa o punizione per atti di omissione o commissione.
Anche se i medici cercano di salvare vite umane, possono fare solo quello. La vita, dopo che avrà fatto il suo corso, un giorno finirà. Ma possiamo fare qualcosa in modo che il corpo, anche dopo la morte, non venga sprecato. Può essere messo a frutto per salvare vite umane.
L’atto più spirituale che possiamo fare è impegnarci a donare i nostri organi. È l’ultimo atto di bontà e altruismo. Il dono della vista a chi non può vedere, un cuore a chi altrimenti perderà la vita, un rene a chi ha un disperato bisogno di vivere, e altre parti del corpo a chi ne ha bisogno affinché possa continuare a vivere.
Spiritualità, in ultima analisi, significa sapere che le nostre vite hanno un significato oltre il mondano, rendendosi conto che dobbiamo lasciare il mondo un posto migliore.
E cosa c’è di meglio che impegnarsi a donare i propri organi? Eppure, esitiamo ad abbracciare questo supremo atto spirituale.

Liberamente tradotto da https://economictimes.indiatimes.com/blogs/the-speaking-tree/the-ultimate-spiritual-act/

Il parlare

Il Parlare (conversazione con il profeta)

E uno studioso domandò: Parlaci del Conversare?

Ed egli rispose:

Voi parlate quando non siete più in pace con i vostri pensieri;

E quando non potete più abitare nella solitudine del cuore, vivete nelle labbra, e il suono è distrazione e passatempo. E in molti vostri discorsi, il pensiero è quasi ucciso. Perché il pensiero è un uccello dell’aria, che in una gabbia di parole può spiegare le ali, ma non può certo volare.

In mezzo a voi ci son di quelli che cercano i loquaci per paura di star soli.
Il silenzio della solitudine scopre il vuoto ch’è in loro, che invece vogliono fuggire.
E ce ne sono che parlano, e senza intenzione o sapere rivelano una verità che neppur essi comprendono.

E c’è chi ha in sé la verità, ma non la esprime con parole. Nel suo petto lo spirito dimora in armonioso silenzio.

Quando incontrate un amico per la strada o nella piazza del mercato, lasciate che lo spirito ch’è in voi muova le vostre labbra e diriga la lingua, E che la voce nella vostra voce parli all’orecchio del suo orecchio;

Perché l’anima sua conserverà la verità del vostro cuore come un vino di cui si ricorda il sapore,
Anche quando il colore sarà dimenticato e il vaso più non esiste.


Brano tratto dal libro “Il profeta” di Kahlil Gibran (1883-1931), poeta, pittore e aforista libanese naturalizzato statunitense. Il libro è stato pubblicato nel 1923. Un punto di incontro tra oriente ed occidente.

No violence against women

GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE.

Farò della mia anima uno scrigno per la tua anima, del mio cuore una dimora per la tua bellezza, del mio petto un sepolcro per le tue pene. Ti amerò come le praterie amano la primavera, e vivrò in te la vita di un fiore sotto i raggi del sole. Canterò il tuo nome come la valle canta l’eco delle campane; ascolterò il linguaggio della tua anima come la spiaggia ascolta la storia delle onde.

KAHLIL GIBRAN (scrittore e poeta indiano)

 

La signora del latte

La donna nella foto un po’ sgranata indossa un impermeabile viola sbiadito, porta un secchio vuoto appoggiato alla vita, dà le spalle all’obiettivo. Non si può dire se è giovane o vecchia, ma si vede che sta camminando tra un gruppo di case. Davanti a lei, sulla strada allagata, ci sono un paio di auto e moto, ancora sommerse. I cerchi dell’acqua, causati dal suo andare, suggeriscono un movimento lento e misurato, come se lei stesse compiendo la sua missione senza fretta. Non piove più. E non c’è altro essere umano visibile nella foto. Eppure, la notte prima aveva piovuto incessantemente, tanto come non accadeva a Chennai da oltre un secolo. La persona che ha scattato la foto, Padma Ramani, era a trovare una nipote nel condominio di Srividhya, quando ha guardato fuori dalla finestra e ha visto la donna che stava facendo il suo giro di consegne del latte, come sempre faceva ogni giorno alle sei della mattina.

La nipote di Ramani, Ramanathan S, che lavora con il sito web del notiziario La Minute News, conosceva questa donna e ha così caricato la foto su Twitter. Di certo non si aspettava che sui media indiani sarebbe diventata l’immagine simbolo delle inondazioni di Chennai.

Quando Ramanathan andò, pochi giorni dopo, ad intervistare Radha, la ormai famosa ‘milk-lady’, la signora del latte, la donna, di 60 anni, fu sorpresa di vederla. Raccontò che il giorno della foto, si era svegliata alle 4 del mattino, come faceva ogni mattina, aveva raggiunto la cooperativa del latte, per raccoglierlo e quindi si era incamminata per assolvere alle sue responsabilità di consegna. “Tanta gente dipende da me, come avrei potuto non andare?» disse Radha. I figli di Radha, si scopre, hanno buoni posti di lavoro e lei non avrebbe bisogno di lavorare. Ma per lei la cooperativa del latte “non è solo un lavoro”. “Lo farò finché il mio corpo lo permette”, ha detto.

Quel giorno Radha non era costretta ad andare al lavoro. Nessuno l’avrebbe rimproverata per non essersi presentata un giorno in cui il latte veniva venduto sul mercato nero per Rs 100 al litro (-mediamente un litro di latte in India costa 40 rupie-). Questo la dice lunga sulla sua etica e sul patto morale che ha fatto con i suoi clienti.

Questa storia insegna che ogni volta che si è testimoni di un piccolo grande gesto, esso dovrebbe essere raccontato, anche se non c’è grande eroismo da mostrare e nessuna vita viene salvata. Pare che altre 15 donne della stessa cooperativa siano andate al lavoro quella mattina. E, tuttavia, questi “piccoli” gesti sembrano essere diventati così rari che, quando succedono, sentiamo di dovercisi aggrapparsi come un simbolo, per ricordarci della nostra umanità.

La mattina successiva ad un disastro, c’è la speranza che gli esseri umani diventino migliori. Quella mattina, dopo il disastro, innumerevoli residenti di Chennai hanno inviato pacchi di soccorso, preparato pasti cucinati in casa, e persino salvato animali spiaggiati. In un momento in cui l’interesse è strumentale al nostro successo personale e insegniamo ai nostri figli che l’ambizione è buona cosa, abbiamo bisogno di ricordare che anche l’altruismo è una virtù e che come cittadini abbiamo dei doveri.

A volte ci vuole una fotografia accidentalmente scattata la mattina presto in mezzo alla devastazione per ricordarci di essere migliori.

Libera traduzione di un articolo pubblicato due giorni fa sull’ Hindustan Times, quotidiano indiano

http://www.hindustantimes.com/columns/a-tale-worth-retelling-story-of-a-selfless-chennai-milk-lady/story-YlR9KDTEnbTB465qkI2PUJ.html

foto di copertina tratta dallo stesso sito

Il regno delle donne

Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

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Il regno delle donne 

C’è un regno tutto tuo
che abito la notte
e le donne che stanno lì con te
son tante, amica mia,
sono enigmi di dolore
che noi uomini non scioglieremo mai.
Come bruciano le lacrime
come sembrano infinite
nessuno vede le ferite
che portate dentro voi.
Nella pioggia di Dio
qualche volta si annega
ma si puliscono i ricordi
prima che sia troppo tardi.

Guarda il sole quando scende
ed accende d’oro e porpora il mare
lo splendore è in voi
non svanisce mai
perché sapete che può ritornare il sole.
E se passa il temporale
siete giunchi ed il vento vi piega
ancor più forti voi delle querce e poi
anche il male non può farvi del male.

Una stampella d’oro
per arrivare al cielo
le donne inseguono l’amore.
Qualche volta, amica mia,
ti sembra quasi di volare
ma gli uomini non sono angeli.
Voi…

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Una storia popolare.

Una signora conosceva una storia. Sapeva anche una canzone. Ma lei li teneva per sé, mai aveva raccontato a qualcuno quella storia o cantato quella canzone. Imprigionate dentro di lei, la storia e la canzone si sentivano soffocare. Volevano essere liberate, volevano scappare. Un giorno, mentre la donna dormiva con la bocca aperta, la storia scappò, prese la forma di un paio di scarpe e si mise fuori dalla casa. Anche la canzone fuggì e diventò un cappotto da uomo, e si appese ad un gancio. Il marito della donna tornò a casa , guardò il cappotto e le scarpe, e le chiese: ” Chi è in visita da noi ? ”
“Nessuno”, disse la donna.” Ma di chi sono questo cappotto e queste scarpe? “Non lo so », rispose lei. Ma l’uomo non fu soddisfatto della risposta della moglie e divenne sospettoso. Parlarono tra loro con astio e litigarono. Il marito andò su tutte le furie, raccolse la coperta, e andò a dormire al tempio. La donna non capiva cosa stava succedendo e quella notte si sdraiò sola, chiedendosi di chi fossero cappotto e scarpe. Mise fuori la lampada e andò a dormire.
Tutte le fiamme della lampada della città, una volta messe fuori, si radunarono al tempio per trascorrere lì la notte e spettegolare. Solo una delle luci era arrivata in ritardo spiegando del litigio fino a tarda notte tra moglie e marito.” Perché litigano?” venne chiesto alla lampada. La luce disse:”Quando il marito non era in casa, un paio di scarpe arrivò sulla veranda e un cappotto di un uomo sull’attaccapanni. Il marito chiese alla donna di chi fossero ma lei disse di non saperlo. Così hanno litigato. “Da dove vengono il cappotto e le scarpe ?”. La fiamma rispose: “la padrona di casa nostra conosce una storia e una canzone. Ma mai ha raccontato la storia o cantato la canzone a qualcuno. La storia e la canzone erano soffocate dentro di lei, così sono uscite e si sono trasformate in un cappotto e un paio di scarpe. Si sono vendicate ma la donna non lo sa.”

Il marito , che si trovava a dormire nel tempio, udì la spiegazione della lampada che fugò tutti i suoi sospetti. Quando tornò a casa era ormai l’alba. Chiese alla moglie di raccontargli una storia e di cantargli una canzone. Ma lei li aveva dimenticati.

(storia popolare).

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(immagine dal web)

Il valore di un sorriso (P. Faber)

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Il valore di un sorriso (P. Faber)
Donare un sorriso
Rende felice il cuore.
Arricchisce chi lo riceve
Senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante,
Ma il suo ricordo rimane a lungo.
Nessuno è così ricco
Da poterne fare a meno
Né così povero da non poterlo donare.
Il sorriso crea gioia in famiglia,
Da sostegno nel lavoro
Ed segno tangibile di amicizia.
Un sorriso dona sollievo a chi è stanco,
Rinnova il coraggio nelle prove,
E nella tristezza è medicina.
E poi se incontri chi non te lo offre,
Sii generoso e porgigli il tuo:
Nessuno ha tanto bisogno di un sorriso
Come colui che non sa darlo.