SANT KABIR, l’essenza della fede

sant kabir

Una delle personalità più accattivanti della storia del misticismo indiano è stato Sant Kabir. Nato vicino a Benares (Varanasi) da genitori musulmani nel 1440, in tenera età divenne discepolo del celebre indù guru Ramananda, un grande riformatore religioso e fondatore di una organizzazione alla quale appartengono ancora milioni di indù. I suoi versi si trovano anche nella scritture nel sacro libro del Sikhismo Guru Granth Sahib (https://passoinindia.wordpress.com/2012/09/30/che-cos-e-il-sikhismo/)

La storia di Kabir è circondata da leggende contraddittorie che provengono da fonti sia indù che islamiche, che lo rivendicano rispettivamente come un santo sufi e come un santo indù. Indubbiamente, il suo nome è di origine islamica e si dice che sia il figlio reale o adottato di un tessitore musulmano di Varanasi, la città in cui si sono svolti i principali eventi della sua vita.

Gli indù lo chiamavano Kabir Das, ma è impossibile dire se Kabir fosse bramino o sufi. Una volta egli disse a se stesso di essere sia il figlio di Allah che quello di Ram. Kabir odiava l’esclusivismo religioso e cercava soprattutto di avviare gli esseri umani nella libertà come figli di Dio. Kabir rimase discepolo di Ramananda per anni, unendosi agli argomenti teologici e filosofici che il suo maestro sostenne con tutti i grandi mullah e brahmani dei suoi tempi. Così, conobbe la filosofia sia indù che sufi.

Le opere di Kabir confermano la storia tradizionale della sua vita. Ancora e ancora, esalta la vita domestica e il valore e la realtà dell’esistenza quotidiana con le sue opportunità di amore e di rinuncia. La “semplice unione” con la Realtà Divina era indipendente sia dal rituale che dalle austerità corporee; il Dio che proclamò non era “né a Kaaba (La Mecca) né a Kailash (il monte sacro agli indu)”. Coloro che lo cercavano, quel Dio, non dovevano andare lontano poiché era dappertutto, più accessibile alla “lavandaia e al falegname” che all’uomo santo e giusto. Egli pertanto criticò gli interi apparati indù e musulmano, il tempio e la moschea, l’idolo e l’acqua santa, le scritture e i sacerdoti denunciandoli come semplici sostituti della realtà. Egli disse, “Il Purana (testi sacri indu) e il Corano sono semplici parole”.

testo tradotto PassoinIndia

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