Il trenino del Darjeeling è pronto alla partenza.

Nel Darjeeling, West Bengala, India, viaggia il Toy Train, un leggendario treno costruito tra il 1879 e il 1881 che circola su una ferrovia a scartamento ridotto su un percorso impervio, necessariamente progettato a zig zag, di circa 88 Km., attraverso un terreno montuoso di grande bellezza, villaggi, mercati e piccole stazioni. Il tratto che il treno percorre collega New Jalpaiguri a Darjeeling. Per la realizzazione di questa linea, che non ha richiesto alcuna costruzione di gallerie tra i monti, vennero impiegate tecniche ingegneristiche davvero all’avanguardia per l’epoca; l’esigenza nacque, tra l’altro, di evitare un innalzamento del prezzo del riso di collina che, a causa del costo del problematico viaggio, sarebbe costato due volte e mezzo in più rispetto a quello delle pianure. Oggi questa linea è ancora pienamente operativa e le sue caratteristiche originali sono perfettamente conservate e la maggior parte delle locomotive originali sono ancora in uso; il loro antico motore a vapore è stato tuttavia sostituito con il motore diesel, più potente e più veloce, così la tratta NJP – Daejeeling richiede attualmente 7 ore invece di 10. Dopo la partenza a un livello di 300 metri a New Jalpaiguri, questo treno si arrampica fino a circa 2.200 metri quando raggiunge Darjeeling. Questo “toy train”, affettuosamente chiamato “treno giocattolo”, corre sulla linea ufficialmente conosciuta come la Darjeeling Himalayan Railway (DHR) che si snoda, lungo il corso inferiore delle montagne himalayane orientali, attraversando bellissime zone di pini, foreste di bambù, castagni, querce, magnolie, rododendri e piantagioni del celeberrimo tè verde del Darjeeling (furono gli inglesi a portare dalla Cina le prime piante di thé, così le piantagioni cominciarono a diffondersi dal 1857).

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La piccola cittadina di Darjeeling, al tempo della dominazione britannica, fu scelta dagli inglesi come residenza estiva lontana dalla calura delle pianure (in prevalenza da Calcutta). La linea ferroviaria si inerpica viaggiando per paesaggi straordinari passando per Siliguri, Kurseong e Ghum, il punto ferroviario più alto di tutta l’Asia (2.258 mt.) e il secondo più alto al mondo.

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Uno dei luoghi più ammirati è il Batasdia Loop. Batasdia, situata poco sotto Ghum prima di raggiugere Darjeeling 5 km. Più avanti, significa “spazio arioso” ed è questa l’impressione che se ne ha godendo da qui di un fantastico panorama a 360°. Di fronte c’è infatti Darjeeling arroccata sulla collina, davanti allo sfondo dell’innevato monte Kanchenjunga, la terza montagna più elevata del pianeta (8586 m), dopo l’Everest e il K2, e parte della catena himalayana, al confine fra il Nepal e lo Stato indiano del Sikkim. Al Batasdia Loop, il trenino compie un giro ad anello (loop) girando intorno ad un bellissimo giardino pieno di arbusti e fiori situato in un’area di circa 50.000 metri quadrati.

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Il Batasia Loop venne commissionato nel 1919 allo scopo di attenuare il forte dislivello di quel tratto. Sono diversi i loop che la locomotiva deve compiere per salire, tutti affascinanti, come l’Agony Point, che dice tutto. Durante la seconda guerra mondiale, la DHR ha giocato un ruolo fondamentale per il trasporto di personale militare e di approvvigionamenti ai campi intorno a Ghum e Darjeeling. Questo tratto ferroviario, dal 1999 patrimonio mondiale dell’UNESCO, è molto più di una caratteristica essenziale del paesaggio, in quanto rappresenta fortemente l’identità sociale e culturale del Darjeeling.

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Una volta giunti a Darjeeling non perdetevi neppure la magnifica vista che si gode dalla Tiger Hill, a 11 Km. (oppure a 5 km. da Ghum), raggiungibile anche con un taxi. Questa levataccia da farsi alle 4.30 della mattina regala una emozionante alba sul Kanchenjunga e, se la giornata è limpida, anche sull’Everest. Un’altra chicca: a Sukna, un piccolo villaggio dove il trenino fa stazione, dopo quella di Siliguri Junction potete accedere al Mahanadi Wildlife Sanctuary, conosciuto per la migrazione di elefanti, orsi neri himalayani e tigri del Bengala.

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testo by PASSOININDIA

immagini, esclusa copertina e ultima, da

http://everythingfair.blogspot.it/2012/09/incredible-india.html

http://wellseasonedwilly.wordpress.com/2012/09/05/making-momos-darjeeling/

Onde.

Sul fianco del mare
cerco anse
obliate dal vento

L’acqua bruisce
tra i sassi

Schegge di vetro
preziose come oro

Saluto il riflusso
che fugge
la sponda

Spuma l’onda
come bruma

Stuzzica la roccia
guarnisce la battigia

Un istante immutabile
poi tutto diviene…

Proprio come la nostra
ottusa esistenza.

(testo by PASSOININDIA)

 

Buon Natale a tutti.

In India, sono molte le religioni praticate ed ognuna ha la sua festa. I cristiani sono solo il 2,3% che comunque, sui grandi numeri della sua popolazione che supera il miliardo, sono oltre 25 milioni. 

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Le maggiori comunità cristiane si trovano in Assam, Manipur, Arunachal Pradesh, Nagaland, Mizoram, Meghalaya, nel nord-ovest dell’India, a Goa, sulla costa occidentale, in Kerala e in Tamil Nadu, nel sud. Il Natale, soprattutto in queste zone, viene celebrato come si fa in occidente. L’atmosfera natalizia si fa sentire giorni prima sottolieata dai canti natalizi e dalle performance dei bambini che ricordano la natività.

La vigilia di Natale tutta la famiglia si incammina per assitere alla messa di Mezzanotte facendo poi una grande festa con varie specialità culinarie e con lo scambio dei regali. Quella notte, i cristiani escono con giganti lanterne di carta, a forma di stelle e girano per le strade. Queste lanterne di carta a forma di stella sono anche appese tra le case in modo da formare un cielo stellato.

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Le Chiese sono illuminate che sembra giorno e, come le case, sono decorate con candele e piante di stelle di Natale. In India l’albero di Natale si fa con il banano o con il mango, le cui foglie servono anche per abbellire la casa, ma va bene qualunque albero si abbia a disposizone, anche gli abeti artificiali. Sui tetti delle case scintillano le luci delle lampande di argilla in cui i cristiani usano bruciare olio e le pareti esterne sono decorate con piccole luci proprio come si fa per il Diwali. Non manca il Presepe con piccole figure di creta e neppure Santa Claus, conosciuto come Baba Christmas, impersonato anche da attori di strada, che arriva a portare doni a ai bambini. Il Natale si festeggia con arrosto di pollo o tacchino e con la Torta di Natale, interamente fatta di frutta oltre ai dolci tipici locali come i neureos (piccoli dolci farciti con frutta secca e cocco e fritto) e i dodol (caramelle ripiene di cocco e anacardi). Non è infrequente che genti di altre religioni partecipino a questa grande festa.

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A Natale gli uffici sono chiusi il giorno di Natale e i mezzi di trasporto pubblico limitati. Molti cristiani celebrano anche l’Epifania per ricordare i re Magi in visita a Gesù.

Santa Claus masks sold on roadside in Ahmedabad

immagini da

http://www.wsj.com

http://www.scmp.com

http://www.cnn.com

Le verdi valli del Parco Nazionale di Eravikulam.

Se fate un viaggio in Kerala, non perdetevi il bellissimo Parco Nazionale di Eravikulam, nei Ghats occidentali, che si sviluppa per ben 97 Kmq. e che ospita la più grande popolazione (circa 800 capi) di Nilgiri Tahr al mondo, un capride in via di estinzione.

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Questo Parco è l’attrazione principale della ridente e frequentata cittadina di Munnar,1600 m.s.l.m., insieme con Rajamala, a 15 Km., e le cascate di Lakkom. Circa il 60% della superficie di Eravikulam è coperta da praterie, circa il 25% da foreste Shola (termine in lingua tamil), circa l’8,45% da foreste subtropicali e il 7,5% da arbusti e scogliere rocciose.

wikipedia

 

 

 

 

 

 

Nel Parco, dove tra l’altro si erge altissima la vetta di Anamudi (mt. 2695 mt.), un’area di 200 ettari è persino classificata come zona di piante medicinali. Le scarpate taglienti e le scogliere su tutti i lati del parco fanno di questa zona una terra dal microclima unico. Il Parco costituisce il bacino di tre fiumi importanti, il Periyar, il Chalakudy e il Pambar e rappresenta una importante fonte di acqua per la popolazione indigena come i Muthuvans, e per le circostanti piantagioni di té (la prima pianta di té fu messa a dimora nel 1890).

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Tutta la zona, inoltre, rappresenta una grande opportunità per la ricerca proprio grazie alla ricchezza del suo ecosistema ed un grande valore in tema di eco turismo. Una grande varietà di mammiferi, uccelli, farfalle, anfibi e rettili abitano il Parco. Leopardi, tigri, pantere, elefanti ed orsi continuano ad essere i più ambiti da ammirare. Ex riserva di caccia e, nel 1975, dichiarato Wildlife Sanctuary dal governo del Kerala per la protezione del Nilgiri Tahr e il suo habitat, Eravikulam viene elevato al rango di Parco Nazionale nel 1978. La sua unicità rende questa Terra oggetto di attenzione di molti cacciatori, naturalisti e scienziati. Il Parco di Eravikulam è accessibile dagli aeroporti di Kochi (Kerala) e Coimbatore (Tamil Nadu), situati a circa 148 e 175 km. Munnar, è la cittadina più vicina che dista 13 Km. Il Parco di Eravikulam è chiuso a febbraio e marzo mentre sono sempre aperti i vicini Shola National Parks e Chinnar Wildlife Sanctuary. Buon viaggio.

(testo PASSOININDIA) (immagine di copertina da Wikipedia)

Le eterne grotte di Ajanta.

Sono 29, nel mezzo di una valle solitaria, una magnifica più dell’altra, a ridosso di una scogliera dove il fiume Waghora si snoda in una forma a ferro di cavallo, a 105 km. da Aurangabad, nello Stato indiano del Maharashtra. E’ stata una fortuna che gli inglesi casualmente ne scoprissero l’esistenza nel 1819. E’ il periodo dei monsoni e l’acqua sotto suona impetuosa a disturbare il ridondante silenzio delle ventinove grotte di Ajanta, mentre le raggiungo da un percorso a gradini che corre sulla roccia, più fortunato di coloro che, al tempo, vi accedevano dal lungofiume tramite una scala. Sono stati 200 monaci buddisti a scavare queste grotte per farne monasteri (viharas) e sale di preghiera (chaitya grihas) nel secolo II e, durante i periodi Gupta (uno dei maggiori imperi dell’India antica) e post Gupta, nei secoli V e VI a.C. Intorno a quelle grotte, per circa nove secoli, girò, insieme al culto buddista e all’arte degli artisti dedicati alle decorazioni, anche la didattica, perché i monaci, nei loro viaggi itineranti e diffusori del messaggio religioso, trovavano conforto in esse durante il periodo delle piogge in giornate proprio come quella odierna. La bellezza naturale della zona spiega il motivo per cui i monaci scelsero proprio questo luogo per le loro attività spirituali. Ed eccole, numerate da 1 a 29, un seriale splendore che rappresenta l’inizio dell’arte classica indiana. Comincio la mia visita che, con tutte le tassative raccomandazioni di non usare il flash, termina dopo circa 2 ore.

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Là dentro ho trovato tutta la decantata bellezza del sito, Patrimonio dell’Unesco, raffinate pitture murali, mandala, ammalianti decorazioni geometriche, animali e floreali, sublimi architetture e rappresentazioni del Buddha.

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Il Buddha, nelle grotte di scuola Theravada (II e inizi del I secolo a.C.), è raffigurato in forma simbolica, come un trono, un albero o una impronta. Nelle raffigurazioni di tradizione Mahayana (la scuola buddhista che incoraggia le rappresentazioni del Buddha attraverso dipinti e sculture), è invece dipinto in forma umana, tra i suoi bodhisattva (illluminati); qui, i coloratissimi murales ne descrivono le vicende prima (secondo quanto raccontano le storie Jataka) e dopo la sua reincarnazione. Nella dottrina Mahayana infatti qualunque essere seziente (tutti degli esseri viventi dotati di almeno un organo di senso che vivono nel saṃsāra cioè nei cicli di vita morte e rinascita) può raggiungere l’illuminazione (bodhisattva) e quindi lo stato di buddha (grazie alla pratica e alla scelta sincera di un voto di bodhisattva) in quanto la “natura di buddha” è insita in essi. Invece per il buddismo Theravada esiste un solo Buddha per ogni era e gli śrāvaka cioè i suoi seguaci, possono realizzare la bodhi divenendo degli arhat (i risvegliati degni di venerazione) e raggiungere il nirvāṇa (libertà dal desiderio), ma non possono realizzare la buddhità (l’illuminazione) poiché essa è preprogativa solo e unicamente del Buddha. Alcuni studiosi preferiscono chiamare Vakataka le grotte di tradizione Mahayaba, dal nome della dinastia regnante in quel periodo, supponendo che proprio un re indu di dinastia Vākāţaka possa essere stato il suo promotore.

          Ajanta Caves, India - paintings and sculptures            ajanta caves 2

Questi capolavori, in alcuni dei quali è evidente l’eredità ellenica portata in India da Alessandro Magno, si sono mantenuti nel tempo. I dipinti si sono conservati grazie alla complessa preparazione della superficie della roccia che li accoglie e che è stata incisa proprio perché ad essa aderisse efficacemente lo strato di terra ferrugginosa mischiata a graniglia, sabbia, fibre vegetali, sterco di vacca e peli di animali. Su di essa, una volta asciutti tutti gli strati, gli artisti dell’epoca (anche induisti) avrebbero eseguito le loro splendide pitture ottenute con pigmenti naturali ocra, rosso, verde, azzurro, legati tra loro da una specie di colla. Questo colori sono stati posati sulla roccia, per decorarla, non “af -fresco”, non quindi su calce bagnata (che nell’affresco ha lo scopo di legare i colori), ma come vere e proprie tempere. La calce veniva infatti utilizzata solo a decorazione ultimata per lisciare e lavare la superficie allo scopo di risaltarne i colori. Questi capolavori vennero realizzati in luoghi carenti di luce, tali erano e sono oggi queste grotte, con l’aiuto di piccole lampade ad olio, oppure della luce riflessa del sole su lastre di metallo o sulle pozze d’acqua appositamente raccolte davanti ad esse. Questo gesto antico è oggi necessariamente ricordato da un assistente alle visite del sito, che convoglia la luce del sole sulle superbe decorazioni con l’ausilio di uno specchio, allo scopo di farne ammirare al visitatore tutta la magnificenza.

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Lontano odo il suono delle cascate amplificato dalla gola in cui risiedono pacifiche le grotte di Ajanta. Il fiume, alto, gorgoglia, forse geloso del suo tesoro millenario.

Testo by PASSOININDIA

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