LA TANA DELLA TIGRE (BHUTAN).

C’è una salita di due ore che parte dal fondovalle, a 10 chilometri da Paro e a circa 2500 mt. di altitudine; il sentiero che imbocco è solo uno dei tre punti di accesso alla mia meta e lo scelgo perché è quello percorso dai devoti; è ben tenuto ma molto ripido e i tornanti, salendo, si fanno sempre più impegnativi; arranco lento, con il respiro affaticato, tra pini blu e rododendri in fiore. Rallento, per meglio gestire l’altitudine che aumenta e mi guardo intorno, sorpreso e incredulo di essere quasi arrivato lassù. Proseguo lungo una mulattiera, in una foresta decorata da bandiere colorate su cui i fedeli hanno scritto le loro preghiere.Tra un albero e l’altro lo vedo, viene e scompare, si fa desiderare, mi chiama con il tocco delle sue campane. Mi sorpassano, con i loro piccoli bambini, le madri del luogo e i muli, che rasentano il precipizio, al servizio dei turisti già stanchi. Non mi scoraggio e proseguo, certo che ne avrò la meritata soddisfazione. Eccolo, lo vedo ancora, superbo, colorato, sacro, avvolto dalla nebbia del Buthan. In fondo al canyon, una cascata d’ acqua che salta 60 metri, considerata sacra in quel luogo interamente sacro, che crea un alveo attraversabile tramite un ponte. Arrivo esausto e, tolte le scarpe, tramite uno stretto passaggio, entro finalmente nella caverna della Tigre, alta e profonda che respira freddo e gela il sudore; nell’oscurità, dozzine di immagini di Bodhisattva, scintillanti lampade votive e una sacra scrittura realizzata in polvere d’oro e d’osso dal divino Lama. Mi trovo al Monastero di Taktsang Palphug, costruito a strapiombo sul fianco di una montagna a 3200 metri di altezza sul livello del mare (si fa per dire), 700 mt. sopra la Valle di Paro, Buthan, nelle pieghe della catena himalayana. Davanti agli occhi, una costruzione composta di più templi in cui dominano il colore rosso ed oro dei tetti e il bianco cangiante delle mura di mattoni. La roccia sorregge questo gompa dal 1692 quando venne posata la prima pietra di questo capolavoro. E il gompa ricambia l’affetto abbracciando la caverna di Taktsang Senge Samdup, anch’essa sacra, perché qui Padmasambhava meditò per tre mesi nell’VIII secolo. Infatti, i primi monaci buddisti erano asceti che, diffondendo il messaggio del Buddha, trovavano ricovero nelle grotte. Ebbene, questo Guru (vuol dire spiritualmente “pesante”), considerato il secondo Buddha è colui che, bramino, diffuse il buddismo tantrico attraverso il Bhutan e il Tibet nel ‘700. Padmasambhava è il guru Rinpoche(“prezioso”) per eccellenza, titolo onorifico utilizzato frequentemente all’interno del Buddismo tibetano, riservato ai lama e ai tulku, i bodhisattva   che hanno rinunciato alla moksa (la liberazione dal ciclo nascita, morte e rinascita) e si sono reincarnati per diffondere il messaggio illuminato. La caverna intorno alla quale è costruito il monastero si chiama Tana della Tigre e gli regala il nome, Taktsang, perché Padmasambhava è giunto lì dal Tibet cavalcando proprio una tigre volante. Si dice anche che quella tigre fosse in realtà la moglie di un imperatore che, volendo diventare discepola del Guru, si trasformò in una tigre portandolo sul suo dorso dal Tibet a Taktsang. Per questo il luogo è consacrato alla divinità della tigre. Tutto è mistico, l’edificio, i monaci in rosso, la splendida natura e il panorama mozzafiato. Persino colui che ne iniziò la costruzione, Tenzin Rabgye è considerato sacro perché ritenuto la reincarnazione del guru Padmasmabhava; egli infatti frequentava la grotta, si alimentava con poco cibo, e scongiurò ogni sorta di incidenti durante i lavori; si dice che in quel tempo la gente di Paro vide formarsi nel cielo, sopra il tempio, figure di diversi animali oltreché simboli religiosi come piogge di fiori che apparivano nell’aria e svanivano prima di toccare terra.

Giro tutto intorno al gompa, attraverso i piccoli passaggi, scalinate realizzate in roccia locale e ponti di legno sospesi e mi accorgo che nulla è fuori posto; tutto è in perfetta armonia con l’ambiente circostante; ci sono quattro templi principali e le residenze dei monaci. Mi spiegano che i monaci che praticano il buddismo Vajrayana (la religione di stato del Bhutan) devono vivere formalmente qui per tre anni prima di scendere nella valle di Paro. Oltre alla Tana della Tigre ci sono altre sette caverne, ma solo tre facilmente accessibili al pubblico. Cerco e trovo la magnificenza di una statua del Buddha. Il santuario principale di Taktshang è anche la residenza del Lama Capo, Karma Thupden Chokyi Nyenci. Gli interni non sono da meno del fuori, decorati con splendidi dipinti raffiguranti Klu, il semidio rappresentato con testa umana e corpo di serpente, che si dice risiedesse nei laghi a guardia di tesori nascosti; colorati arcobaleni, fiori di loto, il Buddha nella sua lotta contro i demoni e il paradiso che avvolge il santo Guru Padmashambahava. Mi affaccio ad una delle decorate balconate del tempio, conscio di aver vissuto un giorno fortunato. Dopo i lavori di restauro nel 2005 resi necessari da un incendio che colpì Taktshang nel 1998 e che costarono ben 135 milioni il tempio è risorto più bello di prima. Chissà, forse tornerò nella valle di Paro, durante il festival popolare di Tsechuene che ogni anno i bhutanesi celebrano in onore del grande Guru e che nel 2014 avrà luogo dall’11 al 15 Aprile. Se Padmashambahava vorrà, io ci sarò.

Testo PASSOININDIA 

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19 pensieri riguardo “LA TANA DELLA TIGRE (BHUTAN).

  1. E’ una vita che vorrei andare in buthan, so che si facilita l’accesso dei gruppi organizzati e che costa molto la tassa turistica. Hai indicazioni operative da dare, enti, siti web o altro, a uno che vuole provare da solo?
    un abbraccio

    1. Lo sono, molto distanti da noi e da tutta la nostra cultura occidentale. Continuerò a scriverne di altri, ugualmente belli; almeno, spero di saperne rendere tutto l’incanto. Grazie della visita.

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